‘Tony Driver’ di Ascanio Petrini è l’unico film italiano in concorso alla Settimana della Critica della prossima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. E’ un film fuori norma, su un italiano trasferitosi negli Usa molto giovane e molto incauto. Per oltre quarant’anni Tony non è mai tornato in Italia. Gli scade il visto ma non se ne preoccupa. Fino a quando, ormai tassista di professione a Yuma, dopo aver traghettato messicani in Usa per anni, viene espulso e si ritrova deportata nella dimenticata patria di Polignano a Mare per dieci anni.
Come fa Tony Driver – all’anagrafe Pasquale Donatone – nato a Bari ma cresciuto in America, a vivere in una grotta di un piccolo paese della Puglia? Per quanto aiutato dalla vicina comunità, Tony guarda all’Italia come un piccolo Paese immobile, senza opportunità e senza sogni, ma a cui non sembra disposto ad arrendersi. Si ucciderà? Cercherà di tornare in USA da clandestino attraverso il Messico? Certo non può stare qui in Italia ad aspettare. Un gran finale lo attende.
«In lui e in quella storia – racconta il regista – ho trovato un nuovo personaggio capace di muoversi tra il Trevis Bickle di Taxi Driver e Willy il Coyote di Road Runner: un antieroe destinato a perdere ma anche a provarci. Quando ci siamo incontrati Tony viveva in una grotta sul mar Mediterraneo, nel completo rifiuto di ogni cosa, come “se la sua astronave fosse precipitata su un altro pianeta e lui fosse bloccato li”, tra rocce e acqua. Ho cominciato a filmarlo per conto mio ma presto mi sono reso conto che i paesaggi profondamente contraddittori della sua storia meritavano una restituzione visiva: doveva essere ambientata qui in Italia ma anche lì, in America».