Il professor repubblicano Antoni Benaiges è una figura storica reale, fucilato a Burgos all’inizio della Guerra Civile Spagnola, i suoi resti non sono mai stati trovati. In suo onore, Patricia Font ha realizzato Il maestro che promise il mare, un racconto che intreccia due epoche.
La narrazione si alterna tra il 2010 e l’inizio dell’anno scolastico 1935-1936, quando il maestro catalano arriva in un villaggio di Burgos per insegnare valori di libertà, rispetto e tolleranza. Ma il regime franchista ostacola i suoi metodi innovativi. Settantacinque anni dopo, la nipote di uno degli alunni ricostruisce la storia di coraggio e dedizione del maestro.
Il film ha vinto il premio come miglior pellicola spagnola al VII Festival Cine por Mujeres di Madrid e sarà nei cinema italiani dal 19 settembre. Patricia Font racconta che non sapeva chi fosse Benaiges fino a quando Albert Val le ha inviato la sceneggiatura.
Da lì è iniziato a fare ricerche su quello che era realmente accaduto grazie anche al supporto di Sergi Bernal, documentarista che da anni si impegna a far conoscere la storia del maestro, e José Antonio Abella, autore di un romanzo su Benaiges. Per le scene ambientate nel presente, Font ha intervistato persone coinvolte nell’esumazione della fossa di La Pedraja, come Miguel Ángel de Martínez Movilla.
La scelta degli attori, tra cui Laia Costa, Enric Auquer e Luisa Gavasa, è stata fondamentale per il film. I bambini, veri protagonisti del film, sono stati selezionati dopo un casting di oltre mille candidati a Burgos, e preparati con l’aiuto della coach Ana Belmón.
Il film intreccia abilmente due trame e periodi temporali distinti, tenuti insieme dal filo conduttore dell’oblio. Più che l’oblio stesso, è l’eredità dell’oblio a unire indissolubilmente le storie: il modo in cui il passato si ripercuote sulle nuove generazioni.
Questo tema emerge chiaramente nel personaggio del nonno, che evita di rievocare il suo passato traumatico, e in altri personaggi che scelgono il silenzio per non riaprire ferite antiche.
La regista riflette sul silenzio come arma di difesa contro il passato, sottolineando che cancellare e tacere storie come quella di Benaiges contribuisce all’oblio. ui quaderni, i bambini descrivevano il mare parlando della sua vastità e del suo essere freddo o caldo, senza mai menzionarne il colore, poiché per loro era qualcosa di sconosciuto e inimmaginabile.
Il film mira a dare voce a queste storie dimenticate e a coloro che ancora oggi cercano i loro familiari scomparsi.