Metti un’estate che si presenta umida di fervori sacrificali, metti quel regista greco maestro di surrealismo annichilente fatto a posta per il plauso di pochi, metti le performance di un cast perfetto nei ruoli assegnati ed il film da disturbo è servito per un pubblico altrettanto adatto, quello italiano, in cerca di vittime da offrire per imbonire gli dei o per trovar ragione della propria fede. Lucky Red colpisce nel segno, per tempistica, e distribuisce in Italia un’altra riuscita prova cinematografica di Yargos Lanthimos: Il Sacrificio del cervo sacro (The Killing of a Sacred Deer) sarà proiettato in Italia dal 28 giugno.
Una sceneggiatura complessa, scritta a quattro mani con Efthimis Filippou, che attinge con generosità al mito e al simbolo del sacrificio come offerta compensativa per volere divino o per esaltarne la vanitosa potenza persuasiva, eppure con una variazione di senso rispetto all’impianto classico: gli dei sono distratti o semplicemente nulla hanno a che vedere con questa storia umana. Artemide non interverrà per esercitare il potere narciso della compassione divina: Lanthimos restituisce una narrazione senza altra soluzione che il sacrificio da compiere, non già per riscattare ma per esaltare l’ineluttabilità della relazione tra un effetto e la sua causa, tra azione e reazione.
Il regista greco ci prende letteralmente di petto, fin dall’inizio, con la solennità dello Stabat Mater di Shubert ed il primo piano di un cuore esposto alla manipolazione chirurgica per poi staccare su Steven Murphy, un affermato cardiologo, interpretato da un barbuto e convincente Colin Farrell, mentre passeggia con il suo anestesista ed amico Matthew (Bill Camp) nei corridoi lucidi e profondi dell’ospedale, discutendo con forbita indifferenza di orologi da polso.
I dialoghi senza inclinazione umana si ripetono nella lussuosa casa dei Murphy, tra Steven e Anna (Nicole Kidman), tra questi ed i loro figli, Kim e Bob. Una famiglia alto borghese la cui perfezione non ha inflessione alcuna: ogni parola misura meccanicamente una distanza dei corpi, sembrano non si tocchino mai.
Il ritmo glaciale si spezza quando Steven e Martin (Barry Keoghan), un sedicenne che da poco ha perso il padre, si incontrano e alla compostezza dell’uomo di contrappone l’immagine dell’adolescente inquietante e disagiato. La natura della loro relazione si svela di dettaglio in dettaglio: quando Martin esigerà il pagamento di un debito, la perfezione algida della vita di Steven e della sua famiglia sarà contorta in aberrazione da un indeterminato e distruttivo potere metafisico.
Coadiuvato dalla fotografia irrequieta di Thimios Bakatakis, Lanthimos porta tutti in una dimensione di violenze e vendette che strappano via la maschera della forbita razionalità borghese consegnando i personaggi al loro istinto straniante e alla fine preannunciata nel titolo con il suo esplicito riferimento all’Ifigenia di Euripide; Steven dovrà fare una scelta per saldare il suo debito: sacrificare ‘il cervo sacro’ per non perdere tutto.