“Questo festival accompagna il mio percorso nella cinematografia. Qui, nel 2018, ho presentato il mio primo film come regista, e oggi sono tornata per celebrarlo ancora una volta insieme a voi”. Così la regista siriana Soudade Kadaan introduce nuovamente il suo film, The Day I Lost My Shadow, in occasione della trentesima edizione del MedFilm Festival, nella sezione Mediterranea. Lo descrive come il suo “lungometraggio più intimo e complesso”.
“Ho iniziato a scrivere questo film quando l’esercito ha invaso la Siria e le manifestazioni pacifiche erano vietate,” racconta Kadaan. “Sono abituata a esprimermi attraverso le immagini, ma non volevo fare un film con scene di sangue e sofferenza esplicita. Mi è tornata in mente Hiroshima e l’immagine della bomba che esplode, pensando che ciò che stavamo vivendo a Damasco somigliava a quel trauma: le persone continuano a vivere, ma le loro ombre sembrano scomparse. Viviamo assediati, immersi nella paura. Volevo raccontare il trauma che avevo vissuto, perché perdere la propria ombra significa disumanizzarsi, e nelle guerre le persone si disumanizzano”.
Con il suo film, la regista restituisce uno sguardo umanista sulla realtà siriana: non è solo una testimonianza, ma un ricordo vivo di una realtà che, oggi, troppo spesso ci sfugge.
La storia ruota attorno a Sana, una madre che durante la guerra si trova senza possibilità di cucinare per suo figlio. Nella sua ricerca di una bombola di gas, finisce bloccata in una zona assediata, dove scopre che, in guerra, le persone perdono la loro ombra.
“Nessuno sembrava accorgersi di queste ombre che sparivano, né mentre scrivevo né durante il montaggio,” racconta Kadaan. “Così, abbiamo aggiunto un suono metallico, quasi di implosione, per segnalarlo. Questa scelta ha fatto sì che finalmente il pubblico notasse la scomparsa delle ombre. Il film parla di come mantenere la famiglia unita, anche nei tempi più difficili”.
È un’opera intima ma anche politica. “Per me, non c’è differenza tra un film intimo e uno politico,” chiarisce la regista. “Ogni mio film è politico. Uso il realismo magico per raccontare la mia verità senza incorrere nella censura. Raccontare il trauma di perdere la propria ombra è raccontare la disumanizzazione che il conflitto porta con sé”.
Infine, Kadaan, che oggi vive a Londra, dedica un pensiero alla Siria e uno al Mediterraneo. “La situazione in Siria è dolorosa. Le persone hanno perso la speranza; la guerra ha devastato le loro case e l’economia è al collasso, e manca la libertà di parola”.
Per quanto riguarda il Mediterraneo, la regista afferma: “Non credo nei confini, sono limiti umani. Il Mediterraneo ci accomuna con una cultura profonda, fatta anche di musica. Per me l’Italia è speciale, e tornare qui è sempre un piacere”.