Nonostante le statistiche mostrino che la presunta invasione migratoria non ha i numeri per essere definita tale, già dal 2015, il 51% per cento degli italiani pensa che gli sbarchi siano addirittura in aumento. Purtroppo in aumento è solo il numero delle persone morte o disperse nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Dal 1 gennaio 2018 si contano già oltre 1000 vittime, mentre si continua ad invocare la chiusura di porti e frontiere per interessi economici, per aizzare animi e rafforzare il seguito.
Ad una politica disumana che si alimenta di una narrazione falsata e catastrofista, si contrappongono le storie come quella delle prima staffetta italiana 4×400 “total black”, quattro ragazze che hanno vinto la medaglia d’oro nella XXVIII edizione dei Giochi del Mediterraneo, dove l’Italia ha dominato conquistando 156 medaglie e il primato nella classifica per Nazioni.
Un segno divino per il centro- sinistra che, completamente incapace di afferrare il senso dell’attuale fase politica e storica, si è attaccata all’immagine delle quattro atlete “di colore” per sbandierare il più facile degli slogan “L’Italia che non ha paura: #PrimeLeItaliane”.
Un’altra battaglia mediatica persa, perché l’astuzia di Matteo Salvini è quella da “animale politico” di lungo corso e non smette di segnare punti. “Bravissime, mi piacerebbe incontrarle e abbracciarle. Come tutti hanno capito il problema è la presenza di centinaia di migliaia di immigrati clandestini che non scappano dalla guerra e la guerra ce la portano in casa, non certo ragazze e ragazzi che, a prescindere dal colore della pelle, contribuiscono a far crescere il nostro Paese.Applausi ragazze!!!”. Lui che vive di Facebook ha subito servito un altro piatto di campagna elettorale.
Accade così che una medaglia d’oro a una manifestazione sportiva, una sorta di traning pre-olimpico, diventi una questione politica che non c’entra niente con la storia stessa delle quattro ragazze, una storia di tenacia e allenamenti:
Libania Grenot, cubana, italiana dal 2006 per aver sposato un italiano; Ayomide Folorunso, nata in Nigeria e in Italia coi genitori dal 2004; Maria Benedicta Chigbolu romana, di papà nigeriano e Raphaela Lukudo, nata ad Aversa 23 anni fa, da genitori originari del Sudan. Sono diventate loro malgrado il simbolo di un’Italia che esiste già e che solo le politiche migratorie cieche perpetuate da governi di sinistra e di destra hanno bellamente dimenticato, contribuendo ad alimentare fraintendimenti e crisi sociali.
Il centro-sinistra istituzionale, i suoi rappresentanti, restano al palo, sebbene si possa comprendere l’esultanza via social della base lasciata allo sbaraglio ed annichilita dall’inconsistenza di idee e programmi dopo le sonore sconfitte elettorali; sebbene sbandierare la ‘neritudine’ della staffetta italiana abbia significato solo rispondere alla presunta ‘bianchitudine’ nazionalistica del popolo di Pontida; ci si aspetta ora uno scatto in avanti. La maggiore responsabilità della sinistra è oggi quella di essere, pensare ed agire come opposizione per l’equilibrio di un’Italia democratica, sottraendosi senza se e senza ma alla caciara che il proprio avversario politico ha sollevato per strappare consensi.