“Qualunquemente non è satira politica. Tra l’altro io sto alla politica come Polifemo sta allo strabismo. La satira ride degli altri, io mi sento più umorista, cioè rido con gli altri”. “Qualunquemente” è il film che ha preceduto la Masterclass di Antonio Albanese, moderata da Marco Spagnoli e animata dalle tante domande rivolte all’attore da alcuni degli spettatori che hanno affollato stamattina il Teatro Petruzzelli per ascoltare il comico attualmente sugli schermi con la sua ultima regia, “Contromano”.
Tornando al personaggio del politico spregiudicato del film diretto da Giulio Manfredonia, Albanese ha ricordato come “Qualunquemente” fu invitato a suo tempo al Festival di Berlino, per la sezione Panorama e che durante la proiezione non rise nessuno. “Pensavo: secondo me almeno una risata te la fai anche se hai una malattia grave! E invece niente. Alla fine, però, scoppiò un applauso fragoroso. Nel dibattito che seguì, poi, uno spettatore tedesco si alzò e mi disse: ‘Non ho mai visto nulla di più drammatico!’. E lì ho riso io.”
Il personaggio di Cetto La Qualunque è nato, come diversi altri, nel programma televisivo “Non c’è problema”. “L’abbiamo inventato scherzando con un amico di origini calabresi, mentre la mia famiglia è originaria della Sicilia. Avevamo il desiderio di raccontare un Sud che non è mai cambiato. È un personaggio che ancora mi diverto a riprendere in teatro, come pure tutti gli altri, da Epifanio (che è stato il primo e quello cui sono più affezionato) ad Alex Drastico, da Perego al Sommelier e a Alain Tonné”.
Sono stati tanti, com’era prevedibile, i momenti esilaranti dell’incontro al Petruzzelli. Come quando Albanese si è prodotto in vari dialetti italiani tra cui il pugliese. “L’ho imparato crescendo accanto a una vicina che era originaria di Taranto. A me il pugliese mi ricorda il blues, quando lo parlo mi sento James Brown!”
Sulla scelta di intraprendere la sua professione: “Sono attore per caso ma il teatro mi piace da sempre, mio fratello maggiore mi ci portava spesso da piccolo, ho visto Dario Fo e tanti altri. Ma lo spettacolo che mi ha folgorato è stato Elementi di struttura di un sentimento di Gabriele Vacis, lì ho capito che sarei voluto salire su un palco. Così, insieme a un’amica, mi sono iscritto a un corso serale di recitazione e poi alla Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi di Milano che stavo per lasciare al secondo anno per motivi economici, se il Direttore non mi avesse minacciato”.
“Ora recito non solo per il gusto di apparire in pubblico, è proprio un piacere mio, non vedo l’ora di lavorare, tanto che sul set mi presento un’ora prima, a teatro anche con due ore di anticipo, gli amici mi prendono in giro per questo. Se ora in televisione mi vedete poco è perché non ho nulla di nuovo da offrire al pubblico, del quale ho molto rispetto. A ottobre, però, si vedrà su RaiTre una serie che ho realizzato anche da regista, I topi, sei puntate di mezz’ora l’una, che ha per protagonista una famiglia di latitanti che vive all’interno di un bunker, io interpreto Sebastiano, un personaggio che rappresenta un po’ l’evoluzione di Alex Drastico”.
Attualmente l’attore sta lavorando ad un progetto che riguarda le religioni, con un personaggio le cui movenze ha anticipato al pubblico del Petruzzelli: “Un argomento molto difficile, rischio di essere gambizzato. Comunque non so bene cosa ne farò del personaggio, se sarà o meno il protagonista del mio prossimo film”.