Scopate sentimentali. Esercizi di sparizione, il nuovo progetto performativo di Filippo Timi, debutta il 1° dicembre al Teatro Argentina presentandosi come un attraversamento emotivo e sensoriale dentro la figura di Pier Paolo Pasolini. Un concerto teatrale, un rito sonoro, un corpo a corpo con un autore che continua a dividere e a bruciare, cinquant’anni dopo la sua morte.
Accanto a Timi, due compagni di viaggio che non fanno da semplice accompagnamento ma da veri co-autori della scena: Rodrigo D’Erasmo, violinista e polistrumentista capace di muoversi tra raffinatezza acustica e contaminazioni contemporanee, e Mario Conte, musicista sperimentatore che porta sul palco l’inquietudine dell’elettronica e dei paesaggi sonori in continua trasformazione. Insieme costruiscono una piattaforma musicale che sostiene, spinge e a volte contrasta la voce e il corpo dell’attore.
Lo spettacolo nasce dall’esigenza dichiarata di restituire Pasolini senza filtri celebrativi: non il mito, non il martire, non l’intellettuale confezionato dalle commemorazioni. Il punto di partenza è il suo daimon, quello spirito guida che, secondo gli ideatori, ha inciso il suo destino in modo irrimediabile e feroce. Da qui la scelta di una struttura scandita in quattro movimenti — Primavera, Estate, Autunno, Inferno — che ripercorrono le stagioni interiori dell’autore più che le tappe biografiche.
Fra improvvise aperture liriche e momenti di brutalità quasi rituale, Timi mette in scena un Pasolini «divorato dalle Amazzoni, attaccato dalle Erinni, colpito dal fulmine di Zeus»: un uomo in lotta permanente con i propri desideri, con il potere, con la società e soprattutto con sé stesso. Una figura che non viene raccontata, ma evocata. Non illustrata, ma attraversata.
La potenza dello spettacolo — come sottolineano alcune prime recensioni — risiede nella scelta di far convivere silenzi e suoni distorti, confessione e carne, poesia e materiali scenici che sfiorano l’immaginario visivo di Francis Bacon. Ne emerge un Pasolini vivo, contraddittorio, inquieto: lontanissimo dalla retorica museale e più vicino invece a un’umanità bruciante, senza assoluzioni né condanne.
Scopate sentimentali diventa così un’esperienza che interroga lo spettatore: cosa significa essere fedeli al proprio destino artistico? Cosa comporta scegliere la verità quando la verità ferisce? Timi, D’Erasmo e Conte non offrono risposte, ma aprono uno spazio in cui il poeta torna a pulsare — disturbante, vulnerabile, terribilmente necessario.

















