Il regista Antonio Latella porta sul palco del Teatro Argentina, dal 17 al 28 aprile, la locandiera, una rivisitazione di Latella di un grande classico goldoniano, portando in primo piano una figura tanto trascurata quanto potente: quella di una donna.
In un gesto audace e rivoluzionario, Latella ha trasformato il palcoscenico in uno spazio di riscrittura e riappropriazione del teatro, offrendo a Mirandolina, l’eroina goldoniana, una nuova centralità e una voce potente che risuona attraverso i secoli.
La Locanda è un luogo che accoglie e riflette l’infinita varietà dell’esperienza umana. È qui, tra le pareti di questa locanda-mondo, che va in scena il «tema dell’eredità che è il punto cardine di tutto”, scrive Latella nelle note di regia.
Mirandolina è non solo una donna determinata a gestire con abilità la Locanda, ma anche una figura ribelle che sfida e sconfigge l’universo maschile che la circonda.
Nel ruolo di Mirandolina l’attrice Sonia Bergamasco
Mirandolina seduta sul letto di morte del padre riceve in eredità la Locanda, ma anche l’ordine di sposarsi con Fabrizio, il primo servitore della Locanda. Credo che Goldoni con questo testo abbia fatto un gesto artistico potente ed estremo, un gesto di sconvolgente contemporaneità: innanzitutto siamo davanti al primo testo italiano con protagonista una donna, ma Goldoni va oltre, scardina ogni tipo di meccanismo, eleva una donna formalmente a servizio dei suoi clienti a donna capace di sconfiggere tutto l’universo maschile, soprattutto una donna che annienta con la sua abilità tutta l’aristocrazia. Di fatto Mirandolina riesce in un solo colpo a sbarazzarsi di un cavaliere, di un conte e di un marchese. Scegliendo alla fine il suo servitore come marito fa una scelta politica, mette a capo di tutto la servitù, nobilita i commercianti e gli artisti, facendo diventare la Locanda il luogo da dove tutta la storia teatrale del nostro paese si riscriverà, la storia che in qualche modo ci riguarda tutti».
Latella sottilenea che Sonia Bergamasco dà vita a una Mirandolina differente da quella che la tradizione ha spesso proposto, sottolineando la profondità dell’approccio goldoniano.
«Spesso noi registi abbiamo sminuito il lavoro artistico culturale che il grande Goldoni ha fatto con questa opera, l’ abbiamo ridimensionata, cadendo nell’ovvio e riportando il femminile a ciò che gli uomini vogliono vedere: il gioco della seduzione. Goldoni, invece, ha fatto con questo suo testamento, una grande operazione civile e culturale. La nostra mediocrità non è mai stata all’altezza dell’opera di Goldoni e, molto probabilmente, non lo sarò nemmeno io”.
Con la Locandiera Latella intende inoltre rendere omaggio Massimo Castri :”Un maestro che proprio con Goldoni ha saputo riscrivere parte della storia teatrale italiana”.