Sarà in scena alla Cometa Off, dal 10 al 15 ottobre, lo spettacolo “BENJI – Adult Child- Dead Child” di Claire Dowie, traduzione Anna Parnanzini e Maggie Rose. Protagonista una intensa Chiara Tomarelli, diretta da Pierpaolo Sepe.
“Quando da bambino, non vieni amato, quando non c’è amore Quando hai questa sensazione che non riesci a spiegare. Questa sensazione dentro di te, che non riesci a spiegare. Non sai dire cos’è, non puoi dire che è mancanza d’amore. Perché non hai le parole. Hai solo questa sensazione, ma non hai le parole. Le parole per dire che nessuno ti ama. Non amato”.
Così inizia Benji, testo teatrale scritto da Claire Dowie, presentandoci subito la crepa dentro la quale si dipanerà e costruirà la vita di una bambina, poi ragazza. Benji racconta di un grave disagio psichico, mettendo in scena una personalità scissa che per esistere in una collettività oppressiva deve crearsi un amico immaginario. Attraverso il racconto della sua vita, dall’infanzia, piano piano si disvelano le emozioni più profonde di questa giovane donna, entrando nel vortice del suo pensiero e del suo disagio. Qual è il confine tra normale e non? Quale forza e azione ha l’ambiente circostante nella crescita della propria identità, più o meno solida? La ferita in Benji è esistenziale, con lei assistiamo al suo dolore di vivere, alla sua incapacità di capire e capirsi. Insieme a lei ci ritroviamo catarticamente impotenti di fronte alla sofferenza mentale, alla rabbia, alla mancanza d’amore…che troverà forse, un riscatto alla fine del suo racconto. Della giovane donna sappiamo tutto, ma non il nome. Benji è il nome della sua amica immaginaria, prodotto di una mente bambina, che cerca riparo e equilibrio in una realtà altra.
Benji è una peste, una canaglia, una vera bestia, come dice lei. È tutto ciò che dentro di lei urla per essere ascoltata e aiutata. Ma non riesce ad essere accolta dal mondo esterno, dai genitori, dai professori, dai medici. Il testo mette in luce anche il grande tema del destino intrecciato tra genitori e figli, della difficoltà di essere dall’una e dall’altra parte, dell’incapacità di ascoltare un figlio diverso dalle aspettative, di qualcuno che non risponde come dovrebbe, come ci si aspetterebbe. Benji ci commuove immensamente, non possiamo far altro che viaggiare con lei per capire meglio le fragilità che ci appartengono. Ad ognuno di noi.
“Da piccoli non abbiamo le parole per chiedere ciò di cui abbiamo bisogno.”, scrive Pierpaolo Sepe nelle note di regia. “Ed è possibile si manifesti una protesta, una furia cieca carica di violenza. Ci arrabbiamo perché i “grandi” non ci danno retta. Non capiscono. E allora cominciamo a odiarli. Solo per richiamare la loro attenzione. Un grido disperato di dolore insopportabile. Paura di non essere amati, di non essere protetti. Che spesso ci accompagna per il resto della vita. Fragilità e insicurezza si insediano nel nostro animo alterando la percezione dell’altro, irrimediabilmente.Siamo ciò che riusciamo ad essere. Siamo ciò che la nostra vita ha prodotto su di noi. Siamo conseguenza”