Benjamin Clementine: un’evoluzione artistica e umana fuori dal comune
Il percorso artistico e umano di Benjamin Clementine non si può definire convenzionale. Dopo aver vissuto un lungo periodo di povertà, a soli 18 anni prende la decisione di trasferirsi a Parigi e iniziare la sua vita da musicista urbano. In poco tempo diventa un fenomeno di culto fino a quando non si accendono su di lui i riflettori del successo grazie a una bellissima performance al “Later… with Jools Holland”.
I primi concerti sui più prestigiosi palchi internazionali per la promozione del primo album At Least For Now, uscito nel 2015, hanno rivelato personalità scintillante con uno spirito vivace ma anche una tendenza all’introversione. Col senno di poi, possiamo affermare con certezza che il nome di quell’album è una esortazione e non gettare mai la spugna anche nei momenti più difficili. Lo esprime bene Adios, in cui la frase “The decision is mine” è ripetuta più volte.
I Tell A Fly, uscito due anni dopo, storie di bambini bullizzati, residenti di Aleppo e migranti, offre un’esperienza molto diversa. Questo cambiamento di traiettoria si riflette in modo sorprendente nell’esibizione sul palco dell’Auditorium Parco della Musica nell’ambito della rassegna Roma Summer Fest.
In passato, l’artista inglese ha adottato un approccio ai concerti molto minimalista e essenziale, a volte riconoscendo a malapena il pubblico di fronte a lui. La sua nuova incarnazione, al contrario, abbraccia la teatralità. Davanti al pubblico di Roma, il cantautore e pianista britannico si presenta scalzo, si siede da solo davanti al pianoforte su uno sgabello da bar e si prepara a mettere a nudo l’anima.
Evoluzione Musicale: Dall’album di debutto alle nuove tracce, la crescita di Clementine
Clementine ha portato in scaletta anche i brani dell’ultimo album, I have been, pubblicato dopo cinque anni di silenzio, una performance come attore in Dune di Denise Villeneuve e la pandemia. Un progetto che pur mantenendo la sua caratteristica di eloquenza e drammaticità, sembra aver alleggerito i toni sociali e politici dei primi lavori virando verso l’idea di una nuova umanità: consapevole, esigente, alla riscoperta dei valori dell’amore.
Clementine apre il concerto con Atonement , l’ipnotico Residue e I Won’t Complain, che raccontano sotto diversi aspetti il suo stato d’animo attuale. L’arrivo di un quintetto di strumenti ad arco accompagnano la voce dell’artista su God to the jungle e Genesis. Ed è su quest’ultimo brano, che il cantautore ha invitato il pubblico a cantare per 50 volte il ritornello “Trapped In Free”. “Quando ero più giovane ero magro, invece volevo essere muscoloso, allora ho iniziato ad andare in palestra. Dopo i 30 anni ho cominciato a mettere la pancia ma ora sono troppo pigro per andare in palestra. Ora sono invece intrappolato nel mio corpo ma soprattutto intrappolato nei miei sentimenti».
Un’esperienza inaspettata: La sorprendente performance di Clementine all’Auditorium Parco della Musica
La musica di Clementine ha sempre avuto una certa sensibilità barocca, ma sul palco della Cavea si è centuplicata con variazioni di tono che si estendevano verso tangenti inaspettate. La sua voce tenorile e soul a volte lascia il posto ad accenti beffardi o strilli in falsetto. E’ la voce a vincere su tutto. Nemesis e Condolence (At Least for Now) ne sono un esempio. Carisma e originalità, Clementine coinvolge il pubblico a cantare diverse volte: I’m sending my condolence to paura” e “I’m sending my condolence to insicurezza“.
E’ stato un concerto inaspettato quello andato in scena sul palco dell’Auditorium Parco della Musica. In compagnia di un artista con un disarmante senso dell’umorismo e un incredibile grado di consapevolezza di sé. Benjamin Clementine rende accessibile la musica complessa e non mainstream attraverso uno spettacolo che è stato un ibrido abbagliante di musica dal vivo e arte performativa.