“La domanda è sempre la stessa: perché si vuole raccontare una certa storia? In quasi tutte le storie, anche quando sono raccontate da altri, si può trovare traccia di se stessi“. Salvatore Mereu presenta fuori concorso alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, “Assandira”, feroce critica sociale nei confronti di un turismo di massa che fa un uso spregiudicato della Sardegna in nome del profitto, sacrificando tradizioni di una terra millenaria, dove convivono i pastori e il turismo della Costa Smeralda.
“Qualche anno fa, leggendo Assandira di Giulio Angioni, ho provato un sentimento di frustrazione e di indignazione nei confronti della rappresentazione di quel mondo a cui appartengo, – racconta Mereu. Il regista porta così lo spettatore in una Sardegna rurale ed arcaica dove un giovane, interpretato da Marco Zucca, figlio di un pastore, torna nella sua terra di origine. Il padre possiede un terreno dove c’è un vecchio rudere, il figlio, che era emigrato, e la moglie tedesca decidono di trasformarlo in agriturismo. E pian piano convincono il padre a seguirli anche se lui non crede molto che la cosa possa funzionare: soprattutto perché, dice, “non c’era nulla di comodo e di piacevole nella vita del pastore”. Un incendio doloso distrugge l’agriturismo e Costantino non riesce a salvare suo figlio. Il giorno dopo viene interrogato dai Carabinieri come testimone informato dei fatti. Chi ha causato l’incendio?
Costantino è interpretato da Gavino Ledda, scrittore noto al grande pubblico per il romanzo autobiografico Padre Padrone, poi trasposto al cinema dai fratelli Paolo e Vittorio Taviani che vinse la Palma d’Oro 1977 su decisione del Presidente di Giuria Roberto Rossellini. La storia fece scalpore perchè raccontava di di quel bambino che voleva studiare ma che il padre toglieva da scuola perché aveva bisogno di un guardiano per le sue pecore.
Un conflitto padre – figlio che ritroviamo anche nel film Assandira. “Non ho voluto solo indagare l’aspetto sociologico e cronachistico di quello che è accaduto negli ultimi anni in Sardegna con il turismo ma realizzare un racconto familiare. La famiglia è un microcosmo in cui tutti viviamo e il luogo del confronto e dello scontro, e dove si incrociano i sentimenti di chi ne fa parte. Un padre e un figlio che appartengono a mondi diversi e riflettono l’incomunicabilità generazionale che indica il divario non solo di idee ma anche di culture. Il padre viene da un mondo arcaico che ha un sistema di valori che mette al primo posto il rispetto della natura e il figlio che quel mondo lo ha lasciato e cerca di riapropiarsene in modo improprio”.
Sul personaggio di Gavino Ledda, il regista afferma: Quando gli ho proposto il ruolo, ero preoccupato che il pubblico lo vedesse come il protagonista di Padre Padrone e non come il personaggio. In Assandira c’è un capovolgimento di ruolo, è il padre che seppure in modo riluttante ha accettato qualsiasi cosa pur di accontentare il figlio, finendo per diventarne vittima. La dignità umana viene calpestata e con essa anche le regole della natura stessa, e questo porta alla tragedia finale.