In tempi dove la gran parte delle major della distribuzione italiana preferisce ritirare i film dalla programmazione, facciamo un plauso alla Valmyn, piccola società che sfida i contagi e la paura e cerca di portare comunque le persone al cinema facendo uscire La Gomera, un film anomalo, ma molto godibile, certamente fuori dagli schemi tradizionali.
Niente è come sembra in questo lavoro del regista romeno Corneliu Porumboiu che mette al centro della storia un poliziotto che fa il doppio gioco, una femme fatale, ma soprattutto un linguaggio, El Silbo, che non fa uso di parole ma di fischi. Lingua dei fischi che attualmente è parlata, anzi, fischiata, per davvero in quell’isola.
Cristi (Vlad Ivanov) è un poliziotto che non crede più nella propria vocazione. Inizia a lavorare per la mafia e a guadagnare con il traffico di droga. Non crede più in niente, nella sua vita professionale, nella sua vita privata, e cerca di fuggire da tutto questo recandosi sull’isola de La Gomera. nelle Canarie. In quanto poliziotto, è parte di una struttura di potere e crede di avere il controllo sulla propria vita, ma molto presto viene travolto da una tempesta di eventi che sfuggono al suo controllo.
La sfida più grande che deve affrontare non è solo imparare una nuova lingua, ma anche comprendere e accogliere di nuovo l’amore, forse, fidarsi di qualcuno, lui che è il primo a tradire.
E’ un gioco di incastri, di scatole cinesi e di metalinguaggio, di un rifuto quasi della parola detta come mezzo di comprensione all’interno di un percorso che sembra toccare tutti i generi del film, dal noir alla commedia, dal western alla parodia, e naturalmente il poliziesco.
Non tutto è chiaro dall’inizio, ma piano piano la trama va sciogliendosi e si impara a capire che fischiare è l’unico modo per non farsi capire.
In che modo ha strutturato il film in base al linguaggio dei fischi?
“La lingua El Silbo codifica il nostro linguaggio parlato, – dice Corneliu – come il film codifica la realtà. Ho quindi voluto giocare con i codici di diversi generi, raccontare una storia di personaggi che mentono, che fanno tutti un doppio gioco”
Da dov’è nata l’idea per il film?
“Dieci anni fa vidi un servizio sullal ingua dei fischi, El Silbo, “parlata”sull’isola de La Gomera. Avevo appena terminato il mio film Police, Adjective, anch’esso sul linguaggio, utilizzato a fini politici, e rimasi colpito dall’idea di usare i fischi come elemento per una ricerca simile”.
È un film molto dark. È anche una riflessione sulle relazioni umane nella società di oggi?
“Sì. Nel mio primo film 12:08 a Est di Bucartest, i personaggi parlavano molto, si fermavano a ponderare le cose, cercando di delineare la rivoluzione che potesse scuotere il potere fino ad allora inattaccabile. In questo nuovo film, i personaggi sono immersi in un mondo dalle scelte violente, dove ognuno vuole imporre agli altri il proprio modo di vedere: è un gioco di potere perpetuo. In un mondo dove tutto deve essere negoziato, una comunicazione genuina funziona meglio (per coloro che lo sanno utilizzare) attraverso un linguaggio segreto che sfugge alla tensione dei rapporti umani, e che riesce a preservare la sincerità. Questa lingua diventa fondamentale per Cristi, tanto che finisce per utilizzarla non solo per la missione criminale, ma anche per la sua vita personale.
Nei panni della femme fatale, Gilda, c’è Catrinel Marlon, una splendida ragazza romena che da 18 anni vive in Italia, con alle spalle una vita travagliata e di riscatto. Al suo fascino non si può resistere, così manipola e tesse le trame di una storia archetipica, quella della donna che inganna e tradisce, che lavora nell’ombra per uscire vincente da ogni situazione.