Egregio Ministro Lorenzo Fontana ,
non è compito di chi scrive contestare le opinioni personali di Lorenzo Fontana, ma è compito di chi scrive invitarla, in veste di ministro del governo in una democrazia laica del XXI° secolo, a riflettere sul valore delle parole, soprattutto se pronuniate da Lorenzo Fontana ‘assunto’ nel ruolo di ministro.
Insomma ‘assunto’ perché, in tutta sincerità e per usare lo stesso metro di giudizio, di approccio e di critica di pancia che tanto ha alimentato un paese allo sbaraglio, i gay, gli omosessuali, le lesbiche, i e le transgender ( e chi più definizioni abbia più ne metta) vivono, lavorano, sono precari o non lo sono, con figli e senza, sempre e comunque partecipano al mantenimento delle strutture dello Stato e nel caso l’avesse già rimosso, lei è un dipendente pubblico che ‘pesa’ sul bilancio di sostenitori quanto di detrattori o avversari o contendenti. La cosa quindi dovrebbe da sola farle comprendere che non è diventato ministro perché investito dall’Arcangelo Gabriele di una missione evangelizzante, nessuno cherubino l’ha salutata con schiamazzi e goliardiche danze propiziatorie. Non risulta a tutti quelli che omosessualmente riconosciuti, mi permetta l’avverbio, condividono con lei l’aggettivo ‘cattolico’ davanti all’affermazione della propria anima sotto il cielo comune e sulla stessa madre patria, che ad evocarla già da sola le dice: questa terra è madre di tutti i padri senza specificare se siano legittimi, omosessuali, eterosessuali, biologici o meno. In altre parole, questa madre, così prolifica, ha messo al mondo lei e qualche altro milione di fratelli e sorelle che, le piaccia o meno, le daranno molti nipotini adottivi e non adottivi. Immagini che bello quando un giorno fuori dal Parlamento, canuto e stanco, tanti giovani e tante giovani, tutti di passaporto italiano, potrebbero chiamarla zio Lorenzo.
Fatta questa doverosa premessa, che è un’auspicabile profezia per la sua vecchiaia, riprendiamo paro paro quanto da lei dichiarato in un’intervista pubblicata dal corriere il 2 giugno scorso:
“Lei però è il ministro della Famiglia, non il ministro dei bambini. Come pensa di comportarsi nei confronti delle famiglie Arcobaleno?
« Perché esistono le famiglie Arcobaleno?». Sì, esistono e sono tante in Italia… «Ma per la legge non esistono in questo momento».”
Allora caro ministro Lorenzo Fontana, facciamo un esempio. Si ammetta, come lei sostiene, che le famiglie arcobaleno non esistano per la legge. Giustamente da ministro e uomo di stato, lei potrebbe star affermando che un‘oggetto’, una ‘cosa’ esiste solo se la legge la ‘descrive’ confermandone quindi la sua legittimità di fronte agli uomini ed al Supremo. Bene.
La legge 194 fu approvata il 22 maggio del 1978 ed in quanto legge sancisce quindi, per la stessa logica che lei sostiene, l’esistenza di ‘una cosa’, che tradotto in altri termini, sebbene semplificati, è il diritto delle donne non solo a decidere se interrompere una gravidanza in determinate condizioni, che né a lei, né a me dovrebbero interessare, ma sancisce il diritto delle donne ad interrompere la gravidanza in condizioni protette e di garanzia, per evitare aborti clandestini, reclusione e stigmi traumatizzanti.
La legge non sancisce che tutte le donne ingravidate debbano abortire. Lungi ancora da chi scrive pensare di doverle insegnare una lettura onesta della complessità del sociale sulla quale la legge agisce, ne consegue che cosa? Che Lorenzo Fontana non possa contestare una cosa stabilita per legge e nemmeno il ministro lo possa fare, per sua stessa logica.
Tornando alle sue esternazioni sulle famiglie composte da persone dello stesso sesso; se invece, come si spera per ottimismo sfrenato di chi scrive, lei intenda sostenere, per esempio, che l’aggettivo arcobaleno sia una trovata bizzarra per definire una realtà sociale che il forbitismo del linguaggio giuridico non comprende, allora si potrebbe ipotizzare un’altra intervista dove lei spieghi in dettaglio come intenda intervenire a sostegno di tutte le famiglie italiane che attendono le sue performance da ‘impiegato’dallo stato. Amen.