Con Lo schiaffo (What Marielle Knows), Frédéric Hambalek costruisce un racconto che attraversa tre territori solo in apparenza distanti: il dramma psicologico, la satira domestica e una vena fantastica che agisce come detonatore morale. Il film, distribuito da Lucky Red, arriverà nelle sale il 27 novembre.
La storia si apre dentro una famiglia borghese impeccabile, osservata nella sua routine ordinata e quasi rituale: Julia, Tobias e la loro figlia Marielle vivono un quotidiano scandito da equilibri rassicuranti. Fino a quando un gesto improvviso – uno schiaffo – rompe il silenzio e l’illusione di perfezione.
Da quel momento la bambina sviluppa una capacità che nessuno può controllare: riesce a sentire i pensieri dei genitori, anche a distanza o nel sonno, e a vedere il mondo attraverso i loro occhi. Una telepatia che non somiglia a un dono, ma a una frattura. Julia e Tobias faticano a crederle, poi a negarle, e infine a convivere con questa intrusione che mette a nudo bugie, omissioni e fragilità. Il “potere” della figlia diventa un rischio per la famiglia stessa: svela ciò che si preferirebbe non vedere e alimenta una corsa a sfruttare quella capacità a proprio vantaggio, in modi diversi e spesso contraddittori.
Il film pone lo spettatore davanti a una domanda scomoda: quanto siamo pronti a essere davvero sinceri con chi amiamo? Marielle diventa un filtro che annulla le barriere tra pubblico e privato, tra ciò che i genitori mostrano e ciò che sono. L’idea che una figlia possa sapere tutto, senza filtri, costringe i personaggi e il pubblico a interrogarsi sul valore della verità e sulle zone d’ombra che proteggono – o corrodono – un nucleo familiare.
Hambalek firma anche la sceneggiatura, giocata su un espediente fantastico trattato non come liberazione, ma come vincolo: la telepatia è un ostacolo, un peso che deforma le relazioni invece di illuminarle. Nella costruzione dei personaggi emerge uno sguardo chiaramente marcato: il conflitto madre–figlia è portato all’estremo, mentre il padre assume toni più concilianti, quasi “alleati”, nonostante sia il più incline alle menzogne. Un equilibrio narrativo sbilanciato, che però aggiunge un ulteriore livello di lettura: cosa definisce davvero il bene e il male dentro una famiglia e chi decide quale verità meriti di essere detta?
Lo schiaffo diventa così un’indagine sulle crepe che si aprono quando la trasparenza diventa un obbligo e non più una scelta. Un film che usa il fantastico non per fuggire dal reale, ma per illuminarlo con un riflesso più duro, più scomodo, più autentico.

















