Ci sono cene che non si ricordano per un piatto, ma per l’ordine con cui tutto si dispone. La mia al Vizio Roma è cominciata così: un ascensore silenzioso che sale sopra Piazza Barberini, la città che si abbassa e diventa soltanto rumore.
Roma vista da un piano alto è più calma, più nitida. Forse anche la cucina, quassù, si comporta di conseguenza.
Il ristorante occupa l’ultimo piano del Sina Bernini Bristol, che oggi si chiama Terrazza Bernini, come se volesse ricordare che Roma si può guardare e non solo attraversare. La sala è chiara, senza segni forti: vetro, legno, linee pulite. Non c’è musica, non c’è spettacolo. C’è un ordine preciso, quasi giapponese, ma dentro il rumore di posate italiane.

Lo chef
In cucina c’è Tetsuo Nagano, nato in Giappone, arrivato in Italia dopo anni tra Asia e Europa. Cucina senza racconto. Non è uno chef che si presenta ai tavoli, non ha frasi da intervista. Lavora dentro una lingua doppia: la compostezza orientale e la materia del Mediterraneo. I suoi piatti sembrano voler mettere le cose al loro posto.

Il percorso
Il primo piatto è un polpo alla brace, laccato con teriyaki e un tocco di ’nduja. Sotto, una caponata siciliana.
È un incrocio tra due logiche: quella del mare e quella della brace. Il polpo è compatto, lucido, la caponata dolce e acida. La ’nduja arriva tardi, come una postilla.
Poi iniziano i crudi: Il tonno rosso con maionese d’ostrica e caviale ha una precisione quasi chirurgica: il grasso e il sale si tengono in equilibrio. Segue gambero rosso crudo (o leggermente scottato) servito con crema di latticello o yogurt, salsa verde di erbe e cuori di carciofo
Chiude il trio un ceviche tropicale di ricciola, spigola e salmone: mango, passion fruit, acidità calibrata.
È il momento più “aperto” del menù, quello che guarda verso l’esterno, ma senza perdere misura.
Dal sushi bar arrivano i tre bocconi che segnano il centro della cena:
Nigiri di toro e caviale, gunkan di wagyu e tartufo, uramaki Lobster Crab con astice flambato, avocado e fiori di zucca in tempura. Sono i piatti che raccontano meglio Nagano: tecnica perfetta, temperatura del riso giusta, taglio netto, niente decorazioni. Ci si accorge che qui il lusso non è nell’ingrediente, ma nella calma con cui viene trattato.

Poi arrivano i piatti caldi.
Il risotto con crema di castagne e anguilla laccata allo yuzu è la parte più interessante del percorso: dolcezza, affumicatura, agrume. Un piatto che tiene insieme la terra e il fiume, senza sentimentalismi.
Il black cod alla saikyo, marinato nel miso bianco, è più trattenuto, quasi un esercizio di controllo: lucido, uniforme, preciso. Infine il torello di wagyu con riduzione di carne, piatto più occidentale, ma coerente nella sua essenzialità.
Il dolce è una mousse di cioccolato e sesamo nero con gelato allo yuzu. Ha la stessa disciplina dei piatti precedenti: zucchero basso, acidità calibrata. È un dessert che non chiude ma riporta a terra.

Il contesto
Il servizio è silenzioso, non servile, ma composto. Ci si accorge che ogni piatto arriva con lo stesso ritmo, e questo ritmo diventa la vera cifra del ristorante. Dal tavolo si vede Roma intera, ma non distrattamente: è come se fosse un paesaggio in prestito.
La terrazza, d’estate, si apre su una vista ampia, quasi irreale. Un punto di osservazione, un luogo dove si può bere qualcosa e aspettare che la luce cambi. Il bar lavora su profumi agrumati e distillati giapponesi.
Il gin tonic allo yuzu, che ho bevuto prima di sedermi, è secco e sottile, coerente con tutto il resto.

Il Vizio Roma – Hotel Sina Bernini Bristol, Piazza Barberini 23
Chef: Tetsuo Nagano
Menu degustazione: sushi e piatti caldi tra Giappone e Mediterraneo
Carta vini: ampia, centrata su bianchi italiani e Champagne
Ambiente: terrazza con vista, servizio sobrio

















