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La nuova scena del teatro italiano passa da “Anni Luce”

Al Mattatoio di Roma, la rassegna curata da Maura Teofili ha raccontato il presente attraverso le voci emergenti della drammaturgia italiana

Paola Medori by Paola Medori
31 Ottobre 2025
in Teatro
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Alice-Sinigaglia

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C’era un filo comune che ha unito gli spettacoli di Anni Luce, la rassegna dedicata alla nuova drammaturgia italiana tornata al Mattatoio di Roma dal 21 al 26 ottobre: l’urgenza di raccontare il presente con gli strumenti della propria generazione, senza cedere alla tentazione di farlo sembrare più grande, più serio o più compiuto di quanto non sia.

Curata da Maura Teofili all’interno del Romaeuropa Festival, Anni Luce è diventata negli anni uno spazio di osservazione privilegiato per capire dove sta andando il teatro italiano. La rassegna ha confermato la sua doppia vocazione: da un lato sostenere la creatività emergente, dall’altro fare da laboratorio per quella trasmissione di linguaggi e competenze che nel teatro resta ancora un processo fragile.

I protagonisti di questa edizione – Caterina Marino, Pietro Angelini con Pietro Turano, e Alice Sinigaglia – hanno presentato tre lavori in prima nazionale, affiancati dal progetto Powered by REF, il programma che ogni anno offre residenze e tutoraggi ad artisti e artiste under 30.

Tra gli spettacoli più diretti e disturbanti, 612 ter di Irene Mantova ha affrontato il tema della violenza digitale e del consenso. Il titolo rimanda all’articolo del codice penale che punisce la diffusione non consensuale di immagini intime. In scena, la giovane autrice – nata nel 1996, accompagnata nel percorso dal collettivo lacasadargilla – ha alternato racconto personale e riflessione collettiva, mescolando video, suoni e linguaggio giuridico. Il lavoro non cercava la catarsi, ma la precisione: la freddezza dei dati, l’imbarazzo delle parole, la distanza tra trauma e rappresentazione.

Nel loro Several Love Requests, Pietro Angelini e Pietro Turano (attore, autore e attivista, noto anche per Skam Italia) hannp esplorato invece la dimensione del desiderio maschile nell’era digitale. Lo spettacolo prende le mosse dal mondo delle videochat online, dove corpi e identità si incontrano senza mai toccarsi. Angelini e Turano si sono mossi in un paesaggio di schermi, luci fredde e testi frammentati. Un’indagine performativa che, più che rappresentare il desiderio, ne ha messo in scena la solitudine.

Con La futura classe dirigente, Caterina Marino ha scelto un punto di vista opposto: quello dei bambini. Le voci di ragazze e ragazzi tra i sei e i tredici anni diventano la materia di uno spettacolo che interroga il futuro a partire da chi lo dovrà abitare. Sul palco, le parole dei più piccoli risuonano come un controcanto lucido e ironico al linguaggio adulto della politica e dei media. L’effetto è stato straniante:  dietro l’ironia, una domanda semplice e definitiva – che cosa stiamo lasciando in eredità?

Angelini_Turano
Angelini_Turano

A chiudere la rassegna, Uno spettacolo gigantesco di Alice Sinigaglia ha spostato l’asse verso la dimensione visionaria. Liberamente ispirato al Gargantua e Pantagruele di François Rabelais, lo spettacolo ha mescolato filosofia, cultura pop e iconografia digitale in una drammaturgia a metà tra performance e conferenza. Sinigaglia, che ha alle spalle un dottorato di ricerca, si è divertiti a trasformare materiale accademico in un viaggio psichedelico sul corpo e sul linguaggio. L’eccesso, la sproporzione e il gioco – elementi centrali nel testo rinascimentale – si sono liberati in metafore di un sapere contemporaneo ipertrofico, in cui tutto è accessibile e niente davvero comprensibile.

Nel complesso, Anni Luce ha restituito un quadro coerente della scena emergente italiana. Gli spettacoli non hanno avuto in comune un’estetica, ma un atteggiamento: la volontà di partire da sé senza indulgere all’autobiografia, di usare la propria esperienza come strumento politico più che come confessione.

Nel teatro, come nella società, la trasmissione resta un nodo irrisolto. Anni Luce prova ogni anno a scioglierlo, mettendo sullo stesso piano chi comincia e chi insegna, chi sperimenta e chi osserva. È forse questa la sua scoperta più importante: che la nuova drammaturgia italiana non nasce nei festival, ma nei processi di apprendimento condivisi, negli scarti tra linguaggi e generazioni.

Tags: Alice SinigagliaAnni LuceCaterina MarinoCulturadrammaturgia italianaIrene MantovaMattatoio RomaMaura TeofiliPietro AngeliniPietro TuranoRomaEuropa Festival
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