Presentato alla Festa del Cinema di Roma, dove Giuseppe Tornatore gli ha consegnato il premio alla carriera, il film esplora una società lacerata dal conflitto tra desiderio di vendetta e bisogno di perdono, tra memoria del passato e ricerca di futuro, in un fragile equilibrio tra rabbia e convivenza.
Il regista iraniano Jafar Panahi spiega che la vendetta e il perdono non sono il cuore del racconto, ma strumenti narrativi per mettere in luce il vero tema: interrompere il ciclo infinito della violenza.Panahi conosce bene la repressione che racconta. Arrestato nel 2009 per aver partecipato a una commemorazione durante le proteste contro la rielezione di Ahmadinejad, l’anno successivo gli fu vietato di girare film per 20 anni. “So fare solo cinema,” ha dichiarato, “e nonostante il divieto, ho cercato un modo per continuare. Ci sono mille ragioni per smettere, ma ne basta una per non farlo.”
Nonostante le restrizioni, ha continuato a creare opere che raccontano l’Iran da prospettive intime e coraggiose: This Is Not a Film (2011), Closed Curtain, Taxi Teheran, Tre volti e, nel 2022, Gli orsi non esistono, presentato a Venezia mentre il regista era di nuovo in carcere.
Liberato nel 2023, Panahi torna con Un semplice incidente, un film ambientato interamente dentro un furgone bianco che attraversa città e campagna. A bordo si intrecciano storie surreali e simboliche: una coppia di sposi, una fotografa, un uomo mutilato nascosto in un baule, un altro consumato dalla vendetta e un autista che alterna brutalità e gentilezza.
Il regista riconosce i rischi del suo lavoro, ma li accetta come parte della sua missione artistica. “Le mie difficoltà non sono nulla rispetto a quelle di chi è ancora in carcere,” racconta, ricordando i detenuti che fanno scioperi della fame ignorati dal mondo.
È anche il suo primo film in cui compare una donna senza hijab. “Dopo il movimento Donna, Vita, Libertà,” dice Panahi, “molte barriere sono cadute. Oggi mostrare una donna senza velo è più realistico che non mostrarla affatto.”
Il film, scelto dalla Francia per la corsa agli Oscar, ha ricevuto la Palma d’oro a Cannes. Panahi racconta che, al momento della premiazione, è rimasto immobile mentre il pubblico applaudiva: “Pensavo ai miei amici in prigione. Solo dopo ho realizzato che, nella fretta di uscire, avevo indossato gli occhiali di mia moglie.”