Al Torino Film Festival si danza sulle note di Waltzing with Brando, diretto da Bill Fishman e con un ipnotico Billy Zane nei panni di Marlon Brando. Un’opera che svela il lato meno conosciuto: il Brando ambientalista, sognatore e ribelle.
Basato sull’omonimo libro di memorie dell’architetto Bernard Judge, il film racconta un episodio poco noto della vita di Brando: il tentativo di costruire il primo rifugio ecologico perfetto su una remota isola di Tahiti, Tetiaroa. “Brando era un visionario assoluto – racconta il regista Fishman – un uomo che credeva nel potere del cinema e della natura per cambiare il mondo. Questo progetto, nato come una folle utopia, è diventato per me una metafora potente del bisogno di riconnettersi con ciò che conta davvero”.
Il regista ha trovato in Billy Zane l’interprete ideale per incarnare un Marlon Brando capace di ipnotizzare lo spettatore. “Billy non interpreta Brando, è Brando,” dice Fishman. “Non volevamo fare una caricatura, ma immergerci nel suo universo, nella sua mente e nei suoi sogni”. Zane, con un’interpretazione magnetica, restituisce ogni sfumatura del genio ribelle di Brando.
Waltzing with Brando si colloca in un periodo cruciale per l’attore: tra il 1969 e il 1974, mentre stava preparando i ruoli che lo avrebbero consacrato, da Il Padrino a Ultimo tango a Parigi. Ma il film non si ferma alla cronaca dei suoi successi: esplora il desiderio di Brando di fuggire dal circo mediatico di Hollywood, cercando un’oasi lontana da tutto ciò che rappresentava falsità e compromesso. “Era ossessionato dall’idea di lasciare un’eredità concreta, non solo artistica,” spiega Fishman. “Voleva dimostrare che vivere in armonia con la natura era possibile, e questo sogno non era un semplice capriccio, ma un atto d’amore e di ribellione”.
Le riprese nell’isola di Tetiaroa, oggi riserva naturale, sono un inno visivo alla bellezza e alla fragilità del pianeta. “Volevamo che lo spettatore sentisse lo stesso incanto che provò Brando,” afferma Fishman. “Ma anche che comprendesse quanto fosse avanti sui temi ecologici. Parlava di sostenibilità quando nessuno sapeva cosa significasse”.
Il film non è solo un biopic, ma un ritratto intimo e sfaccettato dell’uomo Brando: un artista in perenne lotta con se stesso e con il sistema che lo aveva reso una star. Al centro del racconto, la strana amicizia tra Brando e Judge, interpretato da Jon Heder, un architetto pratico e metodico che inizialmente considerava irrealizzabile l’utopia dell’attore. “Eppure, Bernie è stato il suo alleato più fedele,” dice Fishman. “Insieme hanno vissuto momenti di grande bellezza e altrettanta frustrazione. È una storia di scontri e complicità, di sogni infranti e ritrovati”.
Non mancano le ombre: Brando, lunatico e imprevedibile, si scontra con i limiti della realtà, mentre Judge deve fare i conti con il peso di un progetto più grande di lui. Questa tensione, a tratti comica e altre volte struggente, rende il film una danza, appunto un valzer, tra la visione e il disincanto. “Questo non è solo un film su Brando,” conclude Fishman. “È un film su cosa significhi credere nei sogni, anche quando sembrano impossibili. Perché se Brando ci ha insegnato qualcosa, è che vale sempre la pena provarci”.