Approda in Europa El Ladrón de perros (Ladro di cani) del cileno Vinko Tomicic, coproduzione internazionale che vede in prima linea l’Italia, con la Movimento Film di Mario Mazzarotto con Francesca van der Staay, dopo l’anteprima mondiale al Tribeca Film Festival a New York il 6 giugno scorso e la presentazione al Festival di Guadalajara, Messico. A New York il film è in concorso nella sezione “International Narrative Competition”.
El Ladrón de perros è opera seconda del regista, classe 1987, ed è un coming of age ambientato a la Paz in Bolivia, con Franklin Aros, Alfredo Castro, Wolframio Sinué. L’Italia è accanto a Bolivia, Cile, Messico, Ecuador e Francia.
Con semplicità narrativa racconta, in modo intimo e toccante, la dignitosa disperazione dell’orfano Martín nel suo peregrinare per le labirintiche strade di La Paz tra ripide salite e lunghe discese. Il paesaggio urbano diventa una metafora delle sfide che il tredicenne Martín deve affrontare. Nel film il giovane protagonista, per la prima volta sullo schermo, è affiancato dal volto iconico del cinema latinoamericano, Alfredo Castro.
Un orfano emarginato e randagio
A La Paz, Bolivia, tutte le mattine, Martín, un orfano di 13 anni, alterna la scuola al mestiere del lustrascarpe, passando dalla divisa dell’istituto ai suoi poveri abiti e al passamontagna per nascondere il viso ed evitare così ogni discriminazione. È un orfano di madre, non ha mai conosciuto il padre, è emarginato e beffeggiato a scuola, non ha strumenti per imparare, né famigliari, unico spiraglio di serenità in cui si cimenta è suonare la tromba nella banda della scuola.
Altrimenti cammina lungo i ripidi vicoli verso il centro della città, non ha sogni né speranze, anche se persegue il progetto disperato e tenero, come un gatto randagio, di trovare una famiglia e di venire adottato. La sua dura professione di lustrascarpe ha relegato l’infanzia ad un lontano ricordo. Martín condivide una stanza con l’amico Sombras, suo compagno di sventure ed entrambi sono ospitati di nascosto nella casa di una anziana aristocratica grazie al sostegno della domestica, che fin da piccolo lo ha sempre assistito ma senza volergli creare illusioni, nonostante Martìn insista per essere adottato da lei.
La condizione del piccolo gruppo di diseredati è precaria e Martín, il più disgraziato e solo dei suoi coetanei, è tormentato dal desiderio di una vita migliore, ma soprattutto soffre del fatto di non avere genitori. Da tempo sospetta, o desidera, che uno dei suoi clienti migliori, il signor Novoa, sia suo padre. L’uomo è un sarto solitario molto legato al suo pastore tedesco, Astor, che tratta come un figlio.
Il Ladròn ruba per trovare il padre
In occasione di una delusione subita da Novoa che si rivolge a un altro lustrascarpe, Martín escogita un piano per poter meritare l’affetto del sarto Novoa: rubargli il cane Astor per poi presentarsi a lui come l’eroe che lo ha ritrovato. Il cane, con la complicità di Sombras, viene fatto sparire e ospitato dai due ragazzi. Intanto Martìn, approfittando della prostrazione del sarto per la perdita dell’animale, inizia a frequentarlo sempre più spesso, offrendosi di aiutarlo nella ricerca e arrivando così a conquistarne la fiducia e a occupare quella fetta di affetto che l’uomo riservava ad Astor.
Una situazione che porta Martìn a sviluppare i propri sentimenti filiali e il proprio desiderio di un riconoscimento affettivo dall’uomo e nello stesso tempo a trovarsi nel ruolo di colui che lo ha ingannato e truffato e quindi in una situazione di costante pericolo di essere scoperto. Il procrastinare la restituzione del cane e dell’ottenimento della ricompensa fanno precipitare il rapporto con Sombras che pensa di essere stato ingannato. Martìn si avvicina a realizzare il proprio sogno, ma l’esito è appeso a un filo.
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La semplicità del dolore
Sotto un titolo fuorviante – perché Martìn è un lustrascarpe, è uno studente, e ruba un solo cane con un obiettivo preciso – c’è una storia che parla di infanzia. Parla della tenace determinazione di un ragazzino che porta addosso una vita che è un insuccesso ambulante, eppure lotta per guadagnarsi un briciolo di dignità e il miracolo di una vita normale, un padre o una madre. Il suo è un dolore semplice e limpido, che cammina con lui, e che non gli impedisce di fermarsi, di insistere, di mentire, di resistere, di volere fortemente, nella sua pacata mitezza, nella sua faccia irregolare, che non si piega quasi mai al sorriso.
Ladròn de perros è un film che tocca, attraversa e resta, con i due protagonisti molto in sintonia dentro ai due personaggi diametralmente opposti, ugualmente soli, completati dall’altro polo della storia, il femminile accogliente ma non risolutivo, rappresentato dalla vecchia tata indios, saggia a simbolica, dall’assistente sociale e dall’aristocratica smemorata, sbiadito rispetto alla madre perduta.
Una coproduzione di sei paesi nel Ladròn de perros
Ladro di cani è una coproduzione di sei paesi, Color Monster (Bolivia), Calamar Cine (Cile), Machete Producciones (Messico), Easy Riders Films, (Francia), Aguacero Cine (Ecuador), Movimento Film (Italia), con il contributo del MIC, Ministero italiano della Cultura, con il sostegno della Regione Lazio, di Ibermedia, Aide au Cinéma du Monde – CNC e Cinema Chile.