Dal 5 al 12 novembre 2023, Roma si prepara a brindare con il 16º Festival del cinema spagnolo e latinoamericano, e questa volta è al Cinema Barberini. Diretto da Iris Martin-Peralta e Federico Sartori, il Festival offre un’ampia rosa di film che guarda a tutte le espressioni e tendenze cinematografiche del cinema iberoamericano sia recente che classico. Un occhio di particolare riguardo è riservato ai nuovi talenti, alle opere prime e seconde, ai film diretti da registe donne, e a quelli che trattano tematiche sociali di stringente attualità. Il Festival prevede un concorso internazionale di lungometraggi delle due sezioni de La Nueva Ola, che competono per il Premio del Pubblico.
La sezione La Nueva Ola del cine español presenta film in concorso e le novità del cinema spagnolo. Tra queste, “20.000 especies de abejas”, opera prima di Estíbaliz Urrezola, film inaugurale del festival in anteprima italiana, che sarà distribuito in sala da I Wonder a partire dal 14 dicembre 2023. Orso d’Argento a Sofia Otero per la Miglior interprete femminile all’ultima Berlinale è la storia di Cocó, otto anni, alla ricerca della sua identità e di sua madre Ane, nel pieno di una crisi sentimentale e professionale. Trascorrono le vacanze estive nei Paesi Baschi, dove la nonna Lita e la zia Lourdes si occupano dell’apicoltura e della produzione di miele. Un’estate che cambierà le loro vite e costringerà queste donne di tre generazioni molto diverse ad affrontare i propri dubbi e paure. Altro film in concorso, altra opera prima e sempre diretta da una donna “Cinco lobitos”, di Alauda Ruiz de Azúa. Il film, Premio Goya come Miglior esordio alla regia, racconta di Amaia, neo-mamma che si rende conto di non saper bene come esserlo. Quando il suo compagno si assenta per lavoro per qualche settimana, decide di tornare a casa dai suoi genitori, nei Paesi Baschi, e condividere così la responsabilità di prendersi cura del suo bambino. Quello che Amaia non sa è che, anche se ora è mamma, non smetterà di essere figlia. Il flamenco è al centro di “La Singla” di Paloma Zapata, documentario che racconta la vita di Antoñita Singla, la grande ballerina non udente di flamenco che dalle baracche di Barcellona arrivò negli anni settanta a esibirsi all’Olympia di Parigi.
Due i film da vedere. Il primo è La crecida, o L’alluvione. Il regista Ezequiel Erriquez undici anni fa si è recato nel nord dell’Argentina, a Panambí, cittadina missionaria vicino a Oberá sul fiume Uruguay, al confine con il Brasile. La gente del posto era in grande agitazione: di lì a poco sarebbe stata costruita una diga proprio lì, e tutto sarebbe finito sott’acqua, case, segherie, scuole.
L’altro è As Bestas. Rodrigo Sorogoyen, insieme a Carlos Vermut, torna con un film che vuole indagare le modalità di trapasso tra umano e bestiale, razionale e istintuale – freudianamente tra legge e pulsioni. Ci sono novità, rispetto a Il regno e Madre, riguardo implicazioni tematiche e ideologiche e modi diegetici e rappresentativi. As Bestas non soltanto non si sottrae al celebre principio della pistola di Cechov (“se in un racconto compare una pistola, è necessario che prima o poi spari”) ma lo moltiplica: il villaggio remoto abbarbicato sui monti galiziani è un’armeria da quante minacce concrete e metafisiche assomma concentricamente a partire dal prologo.
La storia è ispirata a fatti realmente accaduti: Olga e Antoine, due coniugi francesi di mezza età, si trasferiscono in un piccolo paesino diroccato nella campagna galiziana per dedicarsi all’agricoltura sostenibile. Sono felici insieme, felici della casa che stanno rimettendo in piedi, delle loro verdure biologiche che vendono al locale mercato. Ma i locali non li vogliono. Una azienda di energia eolica ha fatto una offerta di acquisto delle terre: gli allevatori vogliono vendere e andarsene da quel posto dove fanno una vita grama, i francesi vogliono che il posto rimanga naturale, non contaminato dalle pale eoliche e dal capitalismo mascherato da ecologia. Ci sarà il dramma e ci sarà la lunga lotta per la giustizia. Come due tempi di una storia, con l’azione violenta nella prima parte demandata agli uomini, la quieta resistente incrollabile ricerca di giustizia della seconda parte alle donne. Con il punto di vista di Antoine, la lotta, verbale e fisica, il testosterone a mille prima e il punto di vista di Olga con la sua testimonianza di amore come tenacia incrollabile per ottener giustizia, non vendetta, dopo. “C’era un tema che volevo esplorare nel film – ha detto il regista – la giustizia. Scrivendo la storia di Olga e Antoine, eravamo pieni di un terribile senso di ingiustizia. Volevo esplorare quella frustrazione.”
Rodrigo Sorogoyen è un giovane regista madrileno capace di creare scene di altissima tensione anche solo con gli sguardi, i dialoghi, i silenzi. E naturalmente le bestie del titolo. Perché As Bestas viene da a rapas das bestas, il nome di una festa popolare in cui i giovani maschi galiziani affrontano a mani nude i cavalli selvaggi per sottoporli alla tosatura della criniera. E’ la prima scena del film, e lascia letteralmente senza fiato. il primissimo piano sulle narici dei cavalli è potente, quanto tutto il resto del film.