La tentazione di dire una bugia non necessaria per impressionare è capitata a più o meno tutti. Signe, giovane narcisista autodistruttivo al centro di Sick of Myself di Kristoffer Borgli, ne spara una talmente enorme che deve far saltare in aria la sua vita per mantenerla.
La storia di un amore tossico
Signe (Kristine Kujath Thorp) detesta il sul lavoro dietro il bancone di un bar e passa il resto del tempo impegnata in una relazione malsana con il suo insidioso fidanzato, Thomas (l’artista di Oslo Eirik Sæther, che incarna perfettamente l’artificiosa loquacità della scena artistica della città). Il loro rapporto è un gioco di competizione su tutto.
Quando una donna viene attaccata dal morso di un cane fuori dal bar, Signe interviene, poi torna a casa coperta di sangue, in pieno giorno, come se fosse Jackie Kennedy che chiede agli abitanti di Oslo di testimoniare il suo atto di coraggio. Questa è la premessa del body horror che verrà.
L’obiettivo della ragazza è, infatti, suscitare la compassione di tutte le persone con cui parla. E vuole ottenerla a tutti i cosi. Decide di agire: dopo aver letto una notizia su un farmaco russo chiamato Lidexol, una pillola colorata e affascinante, si dirige direttamente dal suo spacciatore per procurarsi intenzionalmente una malattia alla pelle.
Un body horror che ben rappresenta la moderna cultura narcisista dei social media
La commedia horror di Kristoffer Borgli non manca certo di coraggio. Man mano che il viso di Signe sembra quasi decomporsi, le battute diventano sempre più feroci. Signe viene addirittura ingaggiata da un’agenzia di modelle specializzata in disabilità chic.
Borgli ha girato in 35 mm per bilanciare la storia inconfondibilmente contemporanea con l’immortalità di alcuni temi come il narcisismo e l’invidia. Alcuni potrebbero storcere il naso quando Sick of Myself si rivela irriverente o insensibile riguardo a questioni delicate come la sindrome di Munchausen o il disturbo istrionico della personalità. Ma è proprio questo il punto: Borgli vuole dimostrare che nell’era dei social media, la cultura odierna ha assunto le caratteristiche di quelli che un tempo erano stati patologici marginali.
In uscita al cinema dal 5 ottobre, se il film riesce a essere così caustico e comico da digrignare i denti, è in parte grazie a Signe di Kristine Kujath Thorp: allo stesso tempo goffa, arrogante e stranamente innocente. Un personaggio non necessariamente apprezzabile per via delle sue ossessioni per le bugie e per il vittimismo. Eppure entriamo in empatia con lei e rabbrividiamo al pensiero che tutti ci possiamo immedesimare facilmente in lei, è solo che la maggior parte delle persone hanno abbastanza coscienza e inibizione per non agire compulsivamente come fanno nel film”,