Il Direttore del Bif&st Felice Laudadio aveva da tempo auspicato la presenza di Gabriele Salvatores alla kermesse barese, che ha dovuto più volte declinare per i suoi impegni concomitanti tra teatro e cinema. L’attesa valeva comunque la pena: teatro gremito di spettatori di tutte le età, tanti applausi e la ‘riscoperta’ di un film uscito ben ventisei anni fa, Nirvana, che ha rivelato tutta la sua attualità.
«All’Università La Sapienza di Roma alcuni docenti hanno recentemente inaugurato una piattaforma sul metaverso a partire dai personaggi di ‘Nirvana’. Mi ha molto emozionato scoprire che il film abbia incuriosito e sia stato ripreso da persone che all’epoca dell’uscita del film non erano nemmeno nate!»
Il regista Premio Oscar per “Mediterraneo” ha quindi raccontato come è nata l’idea del film. «Stavamo girando Turné e con Diego Abatantuono la sera, a fine riprese, ci rilassavamo con uno dei primi videogiochi rudimentali in cui si poteva giocare a calcio. Una sera Diego, dopo che avevamo spento la consolle, se ne uscì chiedendomi “ma secondo te, adesso che succede ai calciatori, vanno a casa, vanno al ristorante…?”, Questa sua frase mi fece riflettere insieme a quella che Kurt Cobain scrisse in un messaggio prima di morire “Non riesco a stare più in questo gioco”. Ecco, sono state queste due suggestioni alla base della realizzazione di Nirvana».
Sollecitato dalle domande del critico Enrico Magrelli, Salvatores si è espresso anche sulla sua posizione sulle nuove tecnologie, alla luce di quanto prefigurava nel suo film: «Ho sentito parlare recentemente in televisione di un esperimento per cui sono stati dati, all’Intelligenza Artificiale, una serie di riferimenti molto precisi riguardanti la Gioconda. Dalla macchina, alla fine, ne è uscita una cosa abbastanza improponibile, il che ci dice come la macchina non abbia sentimenti, non abbia l’anima. E per fortuna, aggiungo!»
Tornando indietro nel tempo, Salvatores ha ripercorso i suoi inizi: «A poco più di vent’anni, a Milano, formai insieme ad alcuni amici il Teatro dell’Elfo, una piccola utopia che oggi è un teatro in centro con tre sale e una famiglia cui appartengo e che esiste ancora nonostante il passare delle stagioni. All’epoca, però, provavamo dove capitava, nelle cantine, nei centri sociali. I primi anni ‘70 erano anni incredibili, c’era musica travolgente, compagnie di teatro fantastiche, il nuovo cinema tedesco e quello brasiliano, una grande forza creativa, ovunque c’erano giovani che volevano cambiare il mondo. Alla fine degli anni ‘70, poi, ebbi una emorragia a seguito di una malattia per la quale un medico mi disse che mi erano rimasti 4 o 5 anni di vita. Non andò così, ovviamente, ma in quel momento decisi che avrei fatto solo quello che avevo sempre desiderato fare. Ovvero il cinema».
Alle osservazioni di Enrico Magrelli sulla varietà dei suoi film, in quanto a generi e tematiche, Salvatores ha ammesso la sua tendenza a sparigliare ma con un «fil rouge che attraversa tutta la mia filmografia legata a personaggi che disubbidiscono alle leggi del branco, per citare Fabrizio De André. Dopo l’Oscar per Mediterraneo avrei potuto fare Oceano Indiano, Oceano Pacifico, Oceano Atlantico, gli americani mi proposero di fare una sorta di remake incentrato su un gruppo di soldati americani intrappolati in un’isola del Giappone, per dire. Io non so se quell’Oscar lo meritavo veramente, ma so che mi aveva conferito una specie di superpotere. E questo mi dava improvvisamente la possibilità di fare qualcosa che in Italia nessuno avrebbe potuto farti fare prima. Ed ecco quindi Nirvana. Dopodiché l’Oscar l’ho tenuto per qualche anno in casa, poi non lo volevo più attorno e l’ho tenuto a lungo in banca, anche se non ha alcun valore economico e infine ci ho fatto pace, è tornato in casa e con il suo peso oggi regge benissimo i libri della mia libreria!»
Sempre nella serata di ieri, Gabriele Salvatores è tornato sul palco del Teatro Petruzzelli per ritirare il Federico Fellini Platinum Award del Bif&st 2023 prima dell’anteprima internazionale del suo ultimo film, “Il ritorno di Casanova” in uscita il 30 marzo nelle sale italiane.