Lunetta Savino torna in teatro, protagonista de “La madre” di Florian Zeller, spettacolo diretto da Marcello Cotugno, al Quirino Gassman di Roma dal 14 al 26 marzo e poi in tournée con tappe anche a Spoleto, Trieste, Bassano Del Grappa, Catania, Faenza. La pièce segnò nel 2010 l’inizio della fortunata trilogia sulla famiglia del drammaturgo e regista francese, di cui in palcoscenico in Italia abbiamo già visto “Il padre” e “Il figlio”, per la regia di Piero Maccarinelli. “La madre è una black comedy scritta come un orologio, come tutte le pièce di Zeller, sul tema dell’amore materno e sulle possibili derive patologiche cui può condurre”.
Ne “La Madre” Zeller indaga con estrema acutezza il tema dell’amore materno e le possibili derive patologiche a cui può condurre. La partenza del figlio, ormai adulto, viene vissuta dalla donna come un vero e proprio tradimento, come abbandono del nido, a cui si aggiunge una decadenza dell’amore coniugale in atto da tempo.
Anna, la madre, è ossessionata da una realtà multipla, una sorta di multiverso della mente, in cui le realtà si sdoppiano creando un’illusione di autenticità costante in tutti i piani narrativi. Il mondo di Anna è un luogo in cui lei non si riconosce più, isolata da un ménage familiare che l’ha espulsa. Ma la responsabilità di questa solitudine non sta forse anche nell’aver rinunciato alla vita? Abdicare ai sogni, alle speranze e ai desideri unicamente per dedicarsi al proprio unico figlio maschio su cui riversare frustrazioni, rimorsi e ideali d’amore non è forse un cammino che inclina pericolosamente verso la disperazione?
Ma dai ricordi di Anna si può immaginare un risveglio? Nella sua mente di madre si affastellano ora sequenze oniriche ora situazioni iperrealistiche che, alla fine, non sembrano essere né un vero sogno, né la banale realtà del presente, ma una vertigine ipnotica e crudele dalla quale risvegliarsi è impossibile.
Nella società liquida e levigata di Zygmunt Baumann e Byung Chul Han il senso di colpa non basta più a tenere vicini i figli. Nel dolore del lasciarli andare, per una madre, c’è tutta l’accettazione della vita nel suo divenire, c’è del lasciar andare una parte di sé per rinascere nel distacco.