Cinque anni dopo il suo fantasy politico Border, Ali Abbasi torna con un noir su un serial killer. Il film ha fatto scalpore quando è stato presentato in anteprima a Cannes 2022, in particolare per la candidatura alla Palma d’oro e con il premio alla protagonista come migliore attrice. Zar Amir-Ebrahimi è fuggita a Parigi nel 2008 per evitare 99 frustate e una pena detentiva dopo che un sex tape privato realizzato con il suo partner era trapelato online.
Ispirato ai brutali omicidi commessi da Saeed Hanaei tra il 2000 e il 2001, Holy Spider, nei cinema dal 16 febbraio, segue un assassino che prende di mira le prostitute per le strade della città iraniana di Mashhad, strangolandole nel suo appartamento prima di scaricarle nello stesso luogo dove le ha trovate. I media lo soprannominano “The Spider Killer”, per il modo in cui attira le vittime nella sua tana, lo stesso appartamento che condivide con moglie e figli.
Il film ci svela fin da subito che l’omicida è Saeed (Mehdi Bajestani), un operaio edile e veterano della guerra Iran-Iraq. Rahimi, (Zar Amir-Ebrahimi), una giornalista freelance dopo che un editore l’ha licenziata per aver rifiutato le sue avances sessuali, decide di rimediare all’inerzia della polizia che non fa quasi nulla per fermare la furia di Saeed. Le due indagini incontrano numerosi ostacoli tutti radicati nella misoginia che permettono al killer di sfuggire alla cattura e di continuare indisturbato ad occuparsi degli affari suoi. Andare al lavoro, pregare, passare del tempo con la sua famiglia e uscire alla ricerca delle sue prossime vittime.
C’è qualcosa della frenesia di Hitchcock nella rappresentazione di Abbasi degli orribili omicidi, dove donne disperate e terrorizzate vengono soffocate con i loro stessi hijab come parte della cupa missione di Hanaei di “ripulire la città dalla corruzione”. Holy Spider è un thriller efficace, alimentato dall’inquietudine e reso ancora più potente dalla recente morte di Mahsa Amini, una 22enne uccisa sotto custodia della polizia dopo essere stata arrestata per aver violato il codice di abbigliamento femminile della Repubblica islamica. Le ‘donne corrotte’ sono identificate come quelle che escono da sole fino a tarda notte truccate, indossando sciarpe colorate o dai colori sgargianti e solitamente con indosso un cappotto più corto. Queste donne sono state cancellate dalla società, il disgusto nei loro confronti emerge chiaramente dalle parole di coloro a cui Rahimi si rivolge al fine di raccogliere indizi.
Sapere o non sapere l’esito della storia, poco importa. In attesa che un assassino venga catturato, percepiamo tensione in ogni movimento di Rahimi. Quando scende dall’autobus, quando fa domande, anche il semplice check-in in un hotel diventa un calvario. Holy Spider non è solo un film per i fan del genere, i suoi crimini diventano il pretesto per un’intrigante metafora sul fondamentalismo religioso come strumento di pulizia sociale.