Dopo tre film di fila che hanno raccolto premi ad ogni latitudine, è chiaro che Damien Chazelle ora ha carta bianca per fare quello che vuole. E giustamente. Il suo ultimo film Babylon, nei cinema da domani 2 febbraio, è una collezione di scandali capace di dimostrare come il cinema si nutra di se stesso.
Ambientato tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30, il film si apre con una scioccante scena che accompagna lo spettatore in uno sconcertante tour di 30 minuti sulla decadenza e la dissolutezza di una festa hollywoodiana traboccante di alcol, droghe, sesso, jazz e con un elefante che irrompe nel bel mezzo dei bagordi. Facciamo ben presto la conoscenza dello scontroso tuttofare Manny Torres (Diego Calva ), un immigrato spagnolo con il sogno di lavorare nel mondo dello spettacolo, e l’aspirante attrice Nellie LaRoy (una magnifica Margot Robbie ), alla ricerca disperata della sua grande occasione.
Dopo essere riuscito ad intrufolare Nellie alla festa, Manny si affeziona alla megastar del cinema muto Jack Conrad ( Brad Pitt ), che lo prende in simpatia e lo assume come suo assistente. Il destino vuole che Nellie riesca ad ottenere una piccola parte nelle riprese di un film in programma il giorno successivo. Il nostro trio si riunisce sul set e tutto sembra andare a gonfie vele. Manny salva la giornata con una consegna urgente. Nellie abbaglia tutti con la sua capacità di piangere al momento giusto. E Jack si riprende da una sonora sbronza giusto in tempo per un travolgente finale. Ma l’alba di una nuova era di “immagini parlanti” si profila all’orizzonte e non tutti riusciranno ad adeguarsi all’avvento dei film sonori.
Babylon è costellato di momenti di genuina bellezza e di totale assurdità. La regia di Chazelle si ammanta di uno stile lussureggiante e frenetico. È come se Singin’ in the Rain incontrasse Pulp Fiction con un pizzico di The Great Gatsby . Se il personaggio di Calva porta in scena la vacua promessa del sogno americano cnel cinema di Hollywood, Manny è la nostra porta di ingresso alla follia dello spettacolo negli anni ’20. Si mangia il film con un’esibizione inebriante e spasmodica chiaramente ispirata all’originale “It Girl” di Clara Bow. Nellie è sfacciata e determinata. Ha bisogno del successo per reprimere i ricordi di un’infanzia segnata da avvenimenti tremendi. È la bussola morale in un tornado di dissolutezza e immoralità. In mezzo a un mare di peccato, è l’unica con una goccia di sostanza nella sua anima.
La sceneggiatura di Chazelle ha una sovrabbondanza di sotto trame e temi che fanno estrema fatica a coesistere tutte nello stesso film. E’ ricca di personaggi secondari che meriterebbero tutti di essere approfonditi. Dal trombettista Sidney Palmer ( Jovan Adepo ), che diventa una stella del musical, finché il razzismo non lo costringe a tornare a suonare nella sua band, alla cantante cino-americana sessualmente fluida Lady Fay Zhu (una sublime Li Jun Li ), fino a Jean Smart nel ruolo ingrato di un onnipresente editorialista di gossip. All’attrice di Mare of Easttown e Hacks, Chazelle affida uno straordinario monologo che incapsula perfettamente la natura fugace della celebrità.
Quando scavi oltre il caos, c’è un messaggio nella follia di Chazelle: rendere omaggio al passato e al futuro del cinema. Che Hollywood era e sarà sempre un posto oscuro che mastica e sputa la maggior parte di coloro che osano dimorare lì, nessuno lo mette in dubbio ma non ne vale forse la pena se il risultato finale é creare quella magia da cui tutti siamo stregati?