Per il docu-film Mahmood, in anteprima il 14 ottobre ad Alice nella Città e nelle sale italiane esclusivamente dal 17 al 19 ottobre , il regista Giorgio Testi ha scelto una struttura classica con tappe della carriera, interventi dei colleghi e degli amici dell’artista, filmati inediti dell’infanzia, estratti di backstage e serate di tour, uniti dal filo emotivo di tutta la pellicola che è l’intervista alla madre Teresa Frau. Mahmood non è un divo è un ragazzo, cresciuto nella periferia di Milano insieme alla sola madre dopo l’abbandono del padre egiziano. Il loro è un legame simbiotico fatto di concretezza e dolcezza, alternando la vita della città alle estati in Sardegna dove ci sono le origini della donna e una famiglia molto numerosa con cui condividere infinte giornate di mare, parte fondante del suo universo. Come fondanti per lui sono gli amici, non si risparmia in nessun aspetto della vita privata e pubblica nel mostrare la sua emotività, le sue priorità e le sue appartenenze ed è anche per questo che è amato da un pubblico delle più svariate fasce d’età, da ragazze e ragazzi che sentono l’affinità nelle origini miste e da tutti coloro che gli riconoscono genuinità e autenticità senza sfumature. Già da piccolo manifesta il suo amore per il canto e quando chiede alla madre di poter prendere lezioni lei confessa candidamente di non sapere nemmeno che esistessero le lezioni di canto, perché troppo impegnata a portare avanti autonomamente la vita quotidiana per crescere il figlio. Quella di Mahmood è un’inclinazione naturale e questa più la sua determinazione lo porteranno prima a partecipare a X Factor con un deludente risultato che sarà però poi la spinta per arrivare all’inizio della sua brillante ascesa con Sanremo, vincendo nel 2018 la sezione Giovani con Gioventù bruciata e successivamente due edizioni nella sezione Campioni, nel 2019 con Soldi, la canzone in cui parla molto schiettamente del rapporto col padre e la seconda nel 2022 con Brividi, l’esplosione di emozioni insieme a Blanco. Tutto ciò che compone la sua vita e la sua carriera è permeato da una purezza e una linearità che portano alla fine del documentario senza incertezze o cedimenti d’attenzione, motivo per cui curiosità e piacevolezza accompagnano la visione sia per chi lo segue e lo conosce già bene sia per chi ne sa ancora poco.
Nella pellicola si mescolano continuamente difficoltà della vita, successi, dolcezza, affetti, emozioni forti come quelle del tour europeo, in cui è evidente anche il legame naturale e profondo dell’artista con il suo pubblico, spesso coinvolto durante i concerti in vari modi fino a salire sul palco a cantare con lui. Mahmood è un giovane uomo che porta dentro la sincerità del bambino che è stato, che ha mantenuto intatto un approccio diretto e leale alla vita e alla musica e che spera di poter continuare a lungo a fare ciò che ama. Scrive e canta i suoi testi come fossero rifugi, per sé e per il suo pubblico, ripari come quelli che per lui sono stati un castello giocattolo che aveva da bambino e le case che ha abitato, fino al suo appartamento di Milano andato a fuoco nel 2021, rappresentati nel film da colorati inserti di graphic novel. Nel disegno la casa perduta in un incendio è raffigurata dal castello colorato che aveva da piccolo: tutto può bruciare, anche la gioventù, ma non le canzoni.