Armato di una visione chiara e di un ambizioso piano di carriera di 78 pagine, Richard Williams è determinato a far entrare le figlie Venus e Serena nella storia. Allenandosi sui campi da tennis fatiscenti di Compton, un sobborgo di Los Angeles – sotto la pioggia o il sole – le ragazze sono plasmate dall’impegno inflessibile del padre e dalla prospettiva più equilibrata e la forte intuizione della madre, sfidando ogni probabilità e ogni aspettativa apparentemente insormontabile.
Basato su una storia vera, “Una Famiglia Vincente – King Richard” , nei cinema dal 13 gennaio, arriva con un tempismo impeccabile, proprio quando ne abbiamo più bisogno. Ci solleva il morale e ci lascia una grande lezione sullo sport che nel film si presenta come interessante sottocultura all’interno della storia. Richard Williams (Will Smith), la sua allora moglie Oracene (Aunjanue Ellis) e le loro figlie Venus (Saniyya Sidney) e Serena (Demi Singleton) hanno cambiato il mondo del tennis nei primi anni ’90.
Di storie di sportivi forgiati da un “padre padrone” ce ne sono diverse e se ne potrebbe concludere che si somigliano tutte. In questa no perché si entra in un mondo: un mondo che ritrae un pezzo di società al di là del tennis. Il film descrive in modo autentico il sangue, il sudore e le lacrime dietro la storia di due sorelle che hanno sconfitto il ghetto, un posto che non lascia speranza, esiste solo la rassegnazione. Il film esplora quel complesso di motivazioni, frustrazioni, forza di volontà, sensazioni di solitudine e molto altro dietro al quale si è realizzato il personale sono americano di Richard Williams.
Non sorprende che il film abbia già ottenuto sei nomination ai Critics Choice Awards, tra cui Miglior film, Miglior sceneggiatura originale e Miglior canzone. Ma le nomination più meritevoli sono Miglior attore, Miglior attrice non protagonista e Miglior giovane attore/attrice. Will Smith è impeccabile nella sua interpretazione di un uomo che si fa scudo della propria spavalderia per nascondere un animo ferito. La sua personalità fuori dal comune rappresenta perfettamente quella di Richard, e la sua dedizione e passione per il ruolo sono emerse per tutto il film.
Da canto suo, il regista non nasconde l’intenzione di umanizzare una figura troppo demonizzata nel mondo dello sport. Richard coinvolge ogni sorella nel successo dell’altra (un’altra Williams diventa avvocato a un certo punto del film) perché solo con la solidarietà saranno in grado di combattere la violenza e la disuguaglianza contro cui si troveranno spesso a fare i conti. La famiglia, e tutto il sostegno che rappresenta, non è per Richard una semplice tradizione , ma il terreno stesso da cui possono nascere felicità e libertà.
Il film pone anche una domanda: se un papà devoto e amorevole può creare campioni, a cosa servono gli allenatori acclamati e le loro tecniche speciali? In questo modo Richard o sfida i principi dello status quo, del mondo e delle idee che sono state costruite nel corso dei secoli da uomini bianchi e privilegiati in cui l’individualismo, il sacrificio e la sofferenza portano alla grandezza. Richard ha insegnato alle sue figlie che il divertimento e il sostegno reciproco sono cruciali per vincere le sfide della vita. Un atto di accusa contro tanti (in particolare) genitori bianchi mettano un’incredibile pressione sui propri figli, rimproverandoli al punto che molti di loro sembrano aver dimenticato che il tennis è, prima di tutto, un gioco.