Cosa fanno i fotografi nel tempo del Coronavirus – 1

Come si sta rapportando con l’attualità della pandemia la fotografia contemporanea, quella italiana in particolare, da Majoli a Toscani a Spucches. Inizia il nostro viaggio attraverso le scelte degli autori. Chi racconta l’attualità, chi si interroga, chi partecipa a progetti di solidarietà come “100 fotografi per Bergamo”, chi è in prima linea tra medici e infermieri.

Cosa fa la fotografia al tempo del Coronavirus. Non la fotocronaca, ma la fotografia contemporanea, quell’arte che cerca di leggere il mondo e mostra la strada. E’ nell’urgenza di ritrarre la globalizzazione della pandemia, oppure ne aspetta la fine o ha trovato altre strade? Le risposte sono tante e in continua evoluzione. Alcuni cercano una chiave di lettura da reporter. Negli ospedali, nelle città, magari rientrando dall’attività di freelance in giro per il mondo. Una chiave difficile davanti a una generale omologazione della realtà a causa delle misure comuni. Ci sono fotografi che partecipano a progetti collettivi o di solidarietà. Chi apre focus di riflessione sul presente. Chi, come tutti, è costretto al ritiro e aspetta. Testimoni e oracoli per eccellenza della nostra vita, dedichiamo a loro questo approfondimento.

 

Jacopo Benassi (c) Ums

Cento  fotografi per l’ospedale di Bergamo

Proprio in queste ore si sta chiudendo una operazione condotta in modo egregio da Perimetro, progetto che nasce per raccontare fotograficamente Milano. In questi giorni ha, invece, lanciato “100 fotografi per Bergamo, una raccolta di fondi con la Onlus Liveinslums  a favore del reparto di rianimazione e terapia intensiva dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. E per questo ha coinvolto 100 fotografi mettendo in vendita multipli delle loro immagini, formato 20×30, spesso tra le più di successo, al prezzo politico di 100 euro l’una e spedizione postale. In pochi giorni sono state raccolte 500 mila euro. Tra gli autori, anche alcuni fotografi di cui parliamo qui, insieme a tanti altri come Emanuele Satolli, Jacopo Benassi, Emil Duke, Gabriele Galimberti, Michael Ackerman, Davide Monteleone, Francesco Jodice, Paolo Pellegrin, Paolo Ventura, Steve Mc Curry, Settimio Benedusi, Angelo Cirrincione.

Alex Majoli (c) Ums

I primi giorni, Alex Maioli

Alex Majoli, 49enne di Ravenna, membro effettivo della agenzia internazionale fotografica Magnum Photos, di cui è stato presidente, si trovava in Italia quando è scoppiata l’epidemia, nemmeno lontano da Codogno. Ora all’estero ha appena pubblicato su Vanity Fair The Eye of the Storm, l’occhio del ciclone, il servizio che ha  realizzato in quelle settimane. Ha ritratto il momento di repentino cambiamento di scenario in Sicilia, a Catania, Siracusa, passando da Reggio Emilia. Scene ancora abitate, ma già connotate fortemente dalla pandemìa. Immagini con  sfondi stratificati, neri e grigi, da film drammatico qual è quello che stiamo vivendo.

 

Oliviero Toscani (c) Ums

Oliviero Toscani a caccia di selfie

Oliviero Toscani ha cercato una chiave di lettura della quarantena: “Avete una responsabilità storica! Siete gli unici reporter di voi stessi!”. Dal suo profilo Instagram, @olivierotoscanistudio, 22 mila follower, ha iniziato a lanciare l’appello per ricordare la faccia che abbiamo in questo tempo, e messo a disposizione la sua mail per raccogliere autoritratti. “Facciamoci tutti l’autoritratto da reclusi, da carcerieri di noi stessi”. Con Nicolas Ballario, inoltre, Toscani tutti i giorni alle 17.30 riflette in diretta su passato, presente e futuro, pandemia e quarantena, sempre sul profilo Instagram. Morale della favola, la casella di mail è andata in sovraccarico e ora i selfie li dovete caricare su google drive. Ma fatelo, perché “su ogni faccia è scritta una storia diversa”.

90 All You Can Eat – (c) foto dal profilo Instagram di Spucches Studio

Fabrizio Spucches, Milano dalla linea 90 al vicinato

Su Vice Italia è apparso il viaggio di Fabrizio Spucches, fotografo e regista, sulla linea circolare 90 del Comune di Milano, prima del lockdown, ma quando la linea era già “famigerata”, perché molto frequentata.  90 All You Can Eat è un affresco di confine, tutto da guardare e da leggere.  Ha intercettato una varia umanità in un momento di sovrasesposizione sociale, ma proprio per questo più “scoperta” al narratore che l’ha incontrata. Il reportage ha il tratto dell’esperienza reale con il narratore condotto da una sorta di Virgilio attraversando Milano e nello stesso temo le storie di ogni genere trasportate dal mezzo pubblico.

Le immagini sono pubblicate anche sul suo profilo Instagram @Spucches_Studio, dove c’è anche un reportage dal condominio, con tono ironico, nonni alla guerra, nipoti al davanzale, “aspettiamo sena paura, la riunione condominiale”.

 

Errico Tommaiuolo, foto dalla prima linea

Direttamente dalla prima linea, da un protagonista, sono approdate su Vanity Fair le fotografie di Errico Tommaiulo, fotografo e infermiere strumentista in sala operatoria al lavoro all’Irccs di Reggio Emilia, Arcispedale Santa Maria Nuova. Ha fotografato da sempre, sul luogo di lavoro. Immagini in bianco e nero dei colleghi e dei medici all’opera. Ora più che mai si tratta un’opera di esorcismo per scacciare la paura con la bellezza.

 

Fotoritratti dei fotografi (c) Ums

In apertura dell’articolo, la foto di Angelo Cirrincione che ha partecipato al progetto “100 fotografi per Bergamo”

 

 

Autore dell'articolo: Luisa Gabbi