Confesso che da quando il tennis femminile è diventato un gioco di infinita potenza dal fondo e da quando Serenona Williams un po’ ci ha abbandonato per fare la mamma lo seguo con meno interesse. Poi sono arrivate Naomi Osaka, l’attuale numero uno del mondo e Simona Halep che comunque giocano bene e si fanno guardare. Da vera appassionata dell’antico serve and volley però non vedevo nulla all’orizzonte che potesse entusiasmarmi. Poi è arrivata lei, Ashleigh Barty dall’Australia. Ora che finalmente è entrata nelle top ten, oggi è al numero 9 del mondo, con la sua vittoria a Miami su Karolina Pliskova, possiamo dire che il tennis femminile ha ri-trovato una grande campionessa.
La storia di Barty è infatti molto particolare, da film. A 4 anni prende in mano la racchetta e diventa una sorta di bambina prodigio di quelle che il tennis ha già bruciato tante volte, leggi alla voce Tracy Austin, Jennifer Capriati e via dicendo.
Ashleigh non è da meno e in pochi anni diventa una sorta di vero e proprio fenomeno. Tutti dicono e vedono quanto gioca bene, comincia a vincere vari tornei a livello giovanile e poi inizia la pressione. Si sa che il tennis ti può schiacciare e se sai gestire tutto… boom! potresti esplodere! Un esempio pazzesco in questo senso è il nostro giocatore Gianluigi Quinzi che dopo aver vinto il titolo a Wimbledon da junior ha faticato a ritrovare sé stesso. Ora si sta riprendendo ma è ben lontano dai livelli che sulla carta prometteva. Ashleigh è stata precoce in tutto, a 14 anni, nel 2010, già sceglieva la carriera da professionista. Nel 2011 a 15 anni vinceva Wimbledon junior e diventava la nr. 2 del mondo sempre junior. Con quel gioco pazzesco di servizio e volèe, con quel talento tutto naturale di far sembrare il tennis un gioco facile (ricorda molto Roger Federer), Ashleigh in coppia con Casey Dell’Acqua andava inoltre in finale a tutti gli eventi del Grande Slam, e non aveva ancora 16 anni! L’anno in cui ha compiuto 17 anni è stata in giro per il mondo 335 giorni. Stanca, nauseata, distrutta dai viaggi, dalla solitudine, dai risultati che in singolare non venivano, da una certa depressione anche per una fisicità che la tormentava (è alta appena 1,65) di fronte a certe stangone come Sharapova e Williams, ad appena 18 anni decide di lasciare il tennis indefinitamente. E dedicarsi al cricket e al golf. La sua versatilità è tale che pur non avendo mai preso una lezione eccelle sia nell’uno che nell’altro sport. Passa così due anni, nemmeno guardando più il tennis in televisione.
E poi, l’incredibile. Un po’ prima di compiere 20 anni, solo 20 signori e signore, decide di tornare. E siccome è un talento pazzesco, in due anni scala la classifica e ricomincia a vincere. Torna più disciplinata, più motivata, incredibilmente centrata e consapevole del suo talento. Si assume responsabilità anche vocali, come quella di prendere decisamente posizione a favore dei diritti delle persone LGBT, diventa ambasciatrice del Tennis Indigeno Australiano, nel 2018 le danno il trofeo di “Dreamtime Sportsperson of the Year”.
Oggi, a 22 anni è la numero 9 del mondo, ma ha praticamente, appena cominciato!
La partita contro Karolina Pliskova è emblematica in questo senso. Oggi Ashleigh è una giocatrice completa, capace di distruggerti da fondo così come di metterti una palla corta o una volèe millimetrica sulla riga. Di testa è forte, consapevole, infatti il primo set lo vince al tie break per 7 a 1, dopo essere stata sotto all’inizio partita per 1-3. La dice lunga. Nel secondo approfitta del calo della ceca per chiudere 6-3 con 15 ace! Una piccoletta del genere che fa 15 ace alla stangona Pliskova. La vendetta è completa, la scalata appena cominciata, mi godo il momento perchè Ashleigh ci farà sognare. Perché il tennis ha bisogno di belle storie, di campionesse da amare, ma anche di quei gesti tecnici che vediamo troppo poco in campo.