«Far ridere è una necessità da cui non si guarisce, perché quando fai sorridere qualcuno, ti senti accettato». Emiliano Luccisano è un’esplosione d’ironia e ficcanti battute come lo show che dirige e recita “Lo spettacolo più pazzo del mondo” (La Cantatrice Calva), al Teatro Ciak dal 27 febbraio. Una reinterpretazione moderna dell’opera prima di Eugène Ionesco. «Ha dei ritmi mozzafiato, tanti colori e una comicità moderna, clownesca e velocissima con cui si ride tantissimo senza neanche capire il perché», rileva senza mezzi termini Luccisano, attore regista e autore televisivo.
Debutterai con “Lo spettacolo più pazzo del mondo” (La Cantatrice Calva), puoi raccontarci qualcosa di più?
E’ effettivamente lo spettacolo più pazzo che abbiate mai visto. Il testo è quello de La Cantatrice Calva che tutti conosciamo e che abbiamo reinterpretato in chiave comica.
Perché il pubblico dovrebbe venire a vederlo?
E’ molto divertente e particolare. Racconta le goffe assurdità dei rapporti di coppia e della società in cui viviamo. Questo lavoro è esattamente il risultato di questa ricerca, e il pubblico tornerà a casa con la consapevolezza di aver visto qualcosa di esplosivo senza capire esattamente che cosa abbia appena visto.
Il titolo è un adattamento del capolavoro del teatro moderno e dell’assurdo, “La Cantatrice Calva” di Eugène Ionesco, è un modo per esorcizzare le nevrosi di questa epoca?
No, non direi che è un modo per esorcizzarle, anzi. È un modo per averle ben presenti, per guardarle negli occhi e capire finalmente come ci vedono gli altri da fuori. Parafrasando Pirandello potrei dirti che ognuno di noi ha dentro un suo mondo di cose che molto spesso sono “sceme”, e di queste cose “sceme” il rapporto uomo-donna è senza dubbio il terreno più fertile.
Che cosa metti in scena della relazione di coppia?
Che si litighi per la cena, perché non ci riconosce più, per una tartaruga o per una rata del mutuo scoperta, è del tutto indifferente, perché quello che conta in amore è litigare e giudicarsi l’un l’altro.
Si ride ma si vuole anche riflettere, la realtà a volte riesce a essere più irreale della fantasia?
La realtà non ha rivali. Allestendo questo spettacolo si ha l’impressione che sia meno assurdo di quel che pensi e che i dialoghi siano sempre più giustificati da un mondo in cui fermarsi all’improvviso in mezzo al marciapiede e farsi una foto con l’espressione di uno che si è appena seduto su una supposta da un chilo, risulta una cosa assolutamente normale e giustificata.
Hai scritto per molte trasmissioni televisive come Colorado e Made in sud, I Fatti Vostri, Servizio Pubblico, TG5 e anche per Dado. Come è lo stato di salute oggi della satira?
La satira è sempre in ottima salute e lo sarà sempre perché finché esiste qualcosa di sacro come l’amore, come Dio, come il potere e come la morte ci sarà sempre un rovescio della medaglia che sentirà il bisogno di sovvertire l’ordine naturale delle cose.
Che cosa serve per far ridere?
Per far ridere c’è bisogno di grandi tragedie, e fino a quando ci saranno grandi tragedie, ci faremo grasse risate. È questo contrasto che tiene in vita l’essere umano e lo fa evolvere, anche se spesso non sembra.
Cosa t’ispira quando scrivi?
Quando si scrive per lavoro, non si ha mai la possibilità di aspettare l’ispirazione. Cerco di sintetizzare la vita dell’uomo mostrando le assurdità e facendole capitare come per magia una vicina all’altra. Spesso viviamo lontani dalla nostra stessa vita, riusciamo ad andare di corsa pure quando siamo bloccati due ore di traffico. Se troviamo qualcosa che ci avvicina a noi stessi e fa scoprire quanto siamo divertenti quando ci prendiamo sul serio, allora riusciamo a perdonarci di tutto e ad amarci un po’ di più. Io provo a scrivere quel qualcosa.
La scena ora è un posto amichevole e accogliente?
No, non lo è mai. La scena è un luogo che ti mette a nudo, dove non si può fingere. È come se qualcuno fosse in stanza con te mentre fai l’amore o mentre racconti allo psicologo che odi tua madre e lui ti risponde che forse è il motivo che ti spinge a odorare le calze. Non ci si sentirebbe a proprio agio, no? E in scena è così: il pubblico è un voyeur e noi in scena facciamo l’amore con le calze di nostra madre.
Vieni dalla prosa, cosa ti ha spinto verso la comicità?
Far ridere è una necessità da cui non si guarisce, perché quando si fa ridere qualcuno ci si sente accettati. Camminare più liberamente tra gli schemi e affrontare determinati argomenti, assurdità e ingiustizie, è una tentazione cui non ho saputo resistere.
Quali saranno i tuoi prossimi lavori?
Adesso c’è in giro per l’Italia lo spettacolo “Attore dinamico live” e i miei progetti sul web che sono in continua evoluzione. Poi proseguiranno le avventure in radio a La Sveglia dei Gladiatori su Dimensione Suono Roma e a Sold Out su Radio Radio. Poi c’è la mia rubrica comica su Facebook #luccisanodicecose che sicuramente diventerà uno spettacolo, la prossima stagione della Compagnia Controcorrente e il mio lavoro da autore sempre presente.
Per il resto chi vivrà, vedrà.