Accade che alla festa di paese, dopo tanti e distratti cicchetti, la comare acida si metta a ballare.
Claudio Baglioni. Nossignore, non è che d’improvviso da stoccafisso sia diventato delfino, ma bisogna pur riconoscere la brillantezza dell’intenzione, l’azzardo dell’idea in un momento storico pericolosamente impermeabile alla ‘differenza’. Portare nell’ambiente più democristiano (= catto -sovra-forza-leghista-piddi-stellato) e claustrofobico d’Italia, una sparpagliata banda di 56 artisti, cantanti, musicisti, danzatori, conosciuti e meno, con coreografie di luce e linguaggi narrativi divergenti che abbattono le barriere anagrafiche di tre, quattro generazioni, è cosa divertente: letteralmente diverge dall’atteso, quindi è straordinario. Straordinario al di là dell’insana necessità di indicare un vincitore e della deludente reazione di alcuni, da daspo a vita.
Virginia Raffaele e Claudio Bisio. Il talento di Raffaele resta virgineo, ma è chiaro che i tempi dettati da uno show che le è stato affidato non le permettano di esprimersi al meglio; quando lo fa, la performance si perde nel silenzio di un disappunto interrogativo. Da Bisio per forza ci si aspetta di più. La sua storia e la bravura sì lo impongono, ma non è sul palco di Sanremo che si invertono le sorti del paese. Non è un guitto ospite. È il padrone di casa con un’identità di conseguenza spanata. Del monologo sui dubbi contemporanei della genitorialità e dell’interazione con Anastasio che canta il brano Correre resta un’impronta emozionale.
I duetti. Federica Carta e Shade sono i primi ad esibirsi. Lo fanno affiancati da Cristina D’avena: prove generali per nuove carriere da sbocciare, vale per tutti e tre. I vincitori, sono loro, Motta e Nada. Disinvolti in Dov’è l’Italia, piaccia o no la loro prova. Sempre con affetto e condiscendenza passano indenni Patty Pravo e Briga accompagnati da Giovanni Caccamo. Noemi distende La ragazza col cuore di latta di Irama: apertura ed intensità, le qualità del canzone sono tutte espresse. Alessandro Quarta, violinista semisconosciuto ai più in Italia, aumenta l’indice di gradimento della prova di Il Volo. Arisa fa canticchiare a ritmo, ma non convince accompagnata dalle coreografie dei Kataklò e dalla voce di Tony Hadley. Mahmood con Guè Pequeno funziona perchè la canzone è già una garanzia. Ghemon non guadagna punti né li perde con Diodato e Calibro 35. Le coreografie dell’étoile Eleonora Abbagnato e Friedemann Vogel e la voce di Tony Bungaro accompagnano Francesco Renga: dispiace per gli ospiti, ma la canzone resta un bucatino scotto (ndr: le minestre riscaldate a me piaccono).
Da belli sul palco il duo Ultimo e Fabrizio Moro. Fanno bene Roy Paci ed Enrico Ruggeri nell’accompagnare i Negrita: anche senza braccialetto giallo tutti aspettiamo la ‘Verità per Giulio Regeni’. Nek e Neri Marcorè duettano sperimentando: fa bene all’arte. Si balla per forza con Rocco Hunt, i Musici cantori di Milano ed i Boomdabash. Giusto il tempo di un cicchetto e si continua a battere il ritmo con The Zen Circus e Brunori sas. Il vicinato ringrazia quando arrivano Paola Turci e Beppe Fiorello: torna la quiete di qualità. Doppio duetto al femminile. Prima la sorpresa per Anna Tatangelo accompagnata da una Syria in chioma lunga, le belle voci distraggono dal testo. Poi il vibrante di molte storie, Cosa ti aspetti da me, cantato da Loredana Bertè ed Irene Grandi: la febbre non sporca troppo la prova di Bertè, Grandi la sostiene da campionessa di grinta ed è ancora standing ovation. Dopo gli Ex-Otago con Jack Savoretti, Enrico Nigiotti con Paolo Jannacci e Massimo Ottoni, l’attenzione si fa famelica su Daniele Silvestri e Rancore accompagnati da un magnetico Manuel Agnelli.
È di altro segno l’emozione che sortiscono insieme Einar, Sergio Sylvestre e Biondo: restare in ascolto fa bene, il mondo fuori ha più volti da riconoscere. Immune alle polemiche, Simone Cristicchi con Ermal Meta si gode l’approvazione del pubblico; bravi ma l’amore universale è anche briosamente più luminoso. La formula da decifrare Nino D’Angelo e Livio Cori si fa applicare con i Sottotono, ma alla fine arrivano Achille Lauro e Morgan, mattacchioni filiformi da ‘è qui la festa?’ .
Gli ospiti. Di Anastasio si è già scritto. Ligabue è il super ospite. Seconda apparizione a Sanremo in 30 anni. Quasi scontata la gag da superstar che fa capricci, prova e riprova le entrate: si perdona inarcando all’insù la stretta fessura labiale. Canta prima Luci d’America, il nuovo singolo che anticipa Start, album in uscita l’8 marzo, poi Urlando contro il cielo. Tutto liscio fino alle 21:42, poi parte il duetto con Baglioni per il saluto a Guccini: Dio è morto non la si canta così. Sacrileghi.