Siamo già, o siamo solo, alla seconda serata della 69esima edizione del Festival di Sanremo e la sensazione di assistere allo svolgimento di una grande festa di paese, con un “mastro di festa” che ha la presenza scenica di uno stoccafisso, è forte; anche se le ‘penne’ più volenterose sperticano la tastiera scrivendo ‘buona la seconda’. Claudio Baglioni, direttore artistico per il secondo anno consecutivo, da stoccafisso di talento è onnipresente con le sue canzoni. Queste sono di certo indimenticabili e parte della ‘nostra’ storia: ripresentarle con arrangiamenti che allungano il brodo dello show è noioso; tanto quanto i siparietti dove fa da spalla slogata ai suoi partner.
La maggior parte delle persone pensa più o meno questo di Claudio Baglioni, nel suo ruolo da mastro di festa, ma l’operazione ‘incensiamoli per incensarci’ deve contemplare anche e soprattutto le critiche, altrimenti il modestismo italiano non può diventare di facciata, come da copione, soprattutto se ci sono i social ad amplificare il tutto, mai come quest’anno.
Virginia Raffaele e Claudio Bisio. Meglio la seconda. Bisio è ancora lontano dalla sua forma migliore. Il duetto con Baglioni fatto di peti labiali e vocalizzi gracchiati è degno della miglior coppia Banfi&Vitali, al netto delle parolacce. Resuscita con Michelle Hunziker che si conferma show woman sul pezzo. Virginia Raffaele appare ancora un po’ frustrata dal ruolo. Sembra vittima di un dubbio amletico: faccio la valletta tutta moccolo e coccole tra i due Claudio con accenni di autonomia o mi prendo il palco, l’orchestra ed il pubblico? Ieri sera, ad un certo punto ha scelto la seconda opzione con una performance che ne esprime sì la bravura, ma con tempi troppo allungati.
Dodici i cantanti sul palco. Dopo il finto-ribellismo di Achille Lauro, il palco lo ha calcato il ‘vecchio’ Einar. Il Volo hanno cantano da soliti pretendenti al trono con abbigliamento più sbarazzino, mentre Arisa ha inaugurato la dimenticanza con brio e sta bene. Nek ha svolto il suo lavoro senza infamia e senza lode. Daniele Silvestri, con Rancore, conferma l’impressione della prima sera: porta l’impegno e la denuncia con onestà. Ex-Otago e Ghemon hanno sfilato indenni, dimenticati non appena Loredana Bertè ha riempito l’Ariston di graffiati rabbiosi. Le gambe in vista, il rossetto rosa barbie, i capelli blu e la sua passione: standing ovation di un minuto. Paola Turci l’ha seguita con una perfomance alla Paola Turci: fascino intatto, ma testo da masticare bene prima di digerirlo. La sfilata di artisti in gara l’hanno chiusa i Negrita ed il duo Federica Carta e Shade.
Gli ospiti. Fiorella Mannoia è la signora che dispensa ‘coraggio’ in versi ed interpretazione gravi, come nel suo stile. Il peso del coraggio è un’anticipazione dell’uscita in primavera dell’ultimo album Personale. Scontata la standing ovation per lei. Scontata anche quella per Marco Mengoni. Bello il brano Hola (I say) cantato con il cantautore scozzese, Tom Walker, estratto dall’ultimo album dell’artista italiano, Atlantico.
Quando riappare sul palco Pippo Baudo è tempo di ‘gustare’ l’ovvio: riascoltare la ‘migliore canzone d’amore del XX secolo’, Questo piccolo grande amore. Oltre la mezzanotte è l’ora del duo comico Pio e Amedeo. Fanno in tempo a lanciare la iattura per un Baglioni tris e fingono, con maestria, di innescare la polemica politica, il ministro Salvini è attento, felice e social come sempre: il suo slogan elettorale va in mondo visione, gratuitamente.
Quando ormai le palpebre sono sconfitte, sul palco si intravede Riccardo Cocciante che ripropone Bella, cantata con i protagonisti del famoso musical. Degno di nota, Margherita intonata a cappella con il pubblico, dopo le incertezze nell’esibizione con l’untore artistico Baglioni. Stremati dalla stanchezza, nessuno fa caso alla povera esibizione di Laura Chiatti che accompagna Michele Riondino. Cantano Un’avventura di Battisti, brano portato al Festival nel 1969, e titolo del film che interpretano, in sala dal 14 febbraio.
Fa storcere il naso la consegna del Premio alla carriera a Pino Daniele, consegnato alle due figlie, quando ormai si è più attenti al cuscino che al televisore.