La grande retrospettiva di Marina Abramovic a Palazzo Strozzi sta richiamando visitatori da tutto lo stivale. Il grande successo di “The Cleaner” è probabilmente legato alle re-performances ossia azioni storiche realizzate dalla Abramovic nel corso della sua carriera e replicate in occasione di questa mostra da un team selezionato di performers (sulle cui condizioni contrattuali e i turni massacranti si è ampliamento parlato sui media già prima dell’inizio della mostra).
La performance è una forma d’arte che si esprime direttamente con il corpo dell’artista attraverso una o più azioni.
La consapevolezza del corpo nello spazio e l’intensità e il significato del gesto compiuto dall’artista hanno reso la “performance” una forma d’arte unica ed irripetibile e fruibile solamente nel “qui e ora”, di conseguenza i puristi di questa disciplina raramente ripetono le loro performances perché ritengono che abbiano significato solamente in quel determinato momento e contesto. La Abramovic ha sradicato questo concetto formulando una nuova linea di pensiero rivolta soprattutto alla conservazione e alla diffusione di quest’arte. Così come un brano musicale può essere eseguito da diversi musicisti così le performance possono essere replicate, conservate e diffuse nel tempo.
Ovviamente la possibilità che la performance replicata da un altro artista sia altrettanto intensa dipende da molti fattori e dalla professionalità e talento di quest’ultimo ma del resto a tutti noi sarebbe piaciuto assistere ad un concerto di Mozart eseguito da lui stesso ma possiamo comunque godere delle sue creazioni attraverso altri interpreti.
Una volta capito questo concetto l’idea che non sia l’artista stessa a eseguire le sue azioni diventa più accettabile.
All’ingresso del Piano Nobile accoglie i fruitori “Imponderabilia” l’opera che tutti aspettano di vedere ma soprattutto di attraversare. Due persone nude sono in piedi uno di fronte all’altro all’interno di uno stretto passaggio e i visitatori per entrare sono costretti a passare tra i due corpi nudi. Un’opera dal forte impatto emotivo realizzata per la prima volta da Marina e Ulay nel 1975 e che, a distanza di 43 anni, ancora suscita emozioni e reazioni, soprattutto oggi nell’era dei social media.
Oramai il successo di una mostra si calcola non soltanto contando il numero dei biglietti venduti ma anche in base al numero dei like e degli hashtag delle foto che vengono pubblicate.
Migliaia di spettatori e migliaia di selfie in mezzo ai due nudi hanno invaso i social media con conseguente blocco e segnalazione dei profili da parte di Facebook per la pubblicazione dei corpi senza veli.
La mostra prosegue con video, foto ed oggetti che descrivono l’operato di questa grande artista che è riuscita a superare la settorialitá della performance art per renderla un mezzo espressivo destinato al grande pubblico e non solo agli addetti ai lavori, la lunga ed estenuante fila di spettatori ne è la prova.