Già presentato e applaudito in un primo frammento composto per Ritratto di una Nazione – L’Italia a lavoro, lo spettacolo racconta di una Basilicata tanto bella quanto pericolosa, fatta di boschi millenari, mare, calanchi, paesini arroccati a strapiombo su fiumi o distese di grano, ma anche sede del giacimento di petrolio più grande dell’Europa continentale, collocato tra Viggiano e Corleto Perticara. Ulderico Pesce ci parla del petrolio lucano partendo da un personaggio, Giovanni, che lavora come addetto alla sicurezza dei serbatoi esterni del Centro Olio di Viggiano, e vive con la moglie e la figlia Maria in località Le vigne, di fronte alla fiamma dell’impianto ENI che da decenni brucia pericolosissimo H2S nell’aria. Giovanni scopre che uno dei grandi serbatoi esterni ha una grossa buca dalla quale fuoriesce petrolio che si disperde sotto terra. Ha paura di parlare. Dopo mesi vede che il petrolio, camminando sotto terra, è arrivato alle porte della Diga del Pertusillo, un bacino artificiale che raccoglie acqua da utilizzare a scopi idrici in Puglia e nella stessa Basilicata nel Metapontino. Giovanni fotografa una enorme chiazza di petrolio nella diga ma continua a serbare il segreto per timore di perdere il lavoro e delle reazioni dei suoi compagni di lavoro. Prevarranno le logiche della conservazione del lavoro o quelle di conservazione della salute? Giovanni scoprirà che il Centro Olio ha trasformato la sua terra nella “Lucania saudita”: un luogo da cui ogni giorno vengono estratti circa 100 mila barili di petrolio, lasciando i suoi abitanti a fare i conti con illusioni di ricchezza e benessere ormai tradite, un alto indice di mortalità tumorale e danni ambientali irreversibili.
«È uno spettacolo molto intimo. Racconto gli atti delinquenziali che il nostro popolo sta subendo da trent’anni – commenta Ulderico Pesce – Il protagonista è un operaio disoccupato che vive a Viggiano, ha una figlia che fa l’università in Basilicata e che sta per laurearsi. Ed è l’addetto alla sicurezza del serbatoio numero quattro, quello della perdita delle 400 tonnellate. Ha visto la perdita di greggio da quel serbatoio. E ha appena scoperto che la figlia ha un tumore del sangue. Dice all’ingegnere Griffa quello che ha visto, prova a dirlo ai colleghi. Se parla però viene sbattuto fuori, se parla chiude il Centro Olio, e se chiude il Centro Olio chiude l’università di Potenza e la figlia non può più laurearsi. Se parla chiude il Centro Olio e chiude il Crob che si regge con le royalties e la figlia non può più curarsi in Basilicata ed è costretta ad andare a Milano. Giovanni è incastrato. Siamo noi Giovanni, non siamo più liberi noi lucani. Il petrolio va regimentato. Vanno create regole e vanno fatte rispettare, va bloccato qualsiasi altro pozzo».