“Styx” di Wolfgang Fischer, già film d’apertura della sezione Panorama a Berlino e ora in sala dal 15 novembre con Cine Club Distribuzione Internazionale, è un film che sa farsi carico dell’indifferenza del mondo occidentale davanti al dramma dei migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo su precari barconi inadatti al mare.
Rike (Susanne Wolff), quarantenne medico tedesca si mette in viaggio da sola su una barca a vela da Gibilterra. La destinazione è l’isola di Ascensione nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico, un paradiso terrestre al riparo dal mondo.
Ho scelto una donna perché con un uomo al suo posto, la storia sarebbe stata più normale”, ci spiega il regista. Dopo una terribile tempesta vede a poca distanza un barca alla deriva piena di migranti che chiedono aiuto. Chiama i soccorsi ma la Guardia Costiera le ordina di non avvicinarsi.
Con il passare del tempo la situazione si fa drammatica. I soccorsi non arrivano. Rike è messa di fronte ad una scelta: continuare ad assistere impotente mentre uomini e donne affogano o cercare di salvarli? Solo un ragazzino di quattordici anni, interpretato da Gedion Oduor Weseka, che viene da Nairobi, nuota fino a lei ed è tratto in salvo.
Styx ovvero Stige, uno dei cinque fiumi degli inferi, secondo la mitologia, è un film in gran parte senza dialoghi e senza l’uso di commenti musicali che punta tutto sulla grande caratterizzazione della protagonista.
“L’idea principale – precisa Fischer – era creare un grande impatto emotivo sul pubblico spingendolo ad immedesimarsi con la protagonista. Un problema spesso è anche una questione di prospettiva e quella occidentale insegue la retorica di chi sta trattando l’immigrazione con una buona dose di ambiguità. In futuro i morti non saranno più in mare, ma nei deserti che attraversano per raggiungere i barconi verso l’Europa”.
Styx che ha già ricevuto l’Human Rights Film Award 2018 e verrà proiettato al Parlamento Europeo il 15 novembre, è una storia di frustrazione e disumanità. Il ritmo lento e il movimento implacabile del mare rivelano un silenzio assordante che nessuno è disposto a rompere. Nella scena in cui la Guarda Costiera intima Rike di non immischiarsi, il regista ci ricorda come oggi il dibattito sull’immigrazione spesso si riduce a stabilire quale valore dare alla salvezza delle vite umane nel Mediterraneo. e nella quale lo spettatore s’interroga su cosa farebbe egli stesso.
Da sola la protagonista non sa cosa fare e questo vale anche per i paesi. Lo stesso spettattore si chiede cosa farebbe al posto di Rike. Styx non tratta in senso stretto il tema dell’accoglienza e dell’immigrazione, ma ci inchioda alle nostre responsabilità perché solo insieme si può trovare una reale soluzione alla complessità di un fenomeno di portata mondiale.