.«La rotta del Mediterraneo centrale è la più letale al mondo» dichiara Aloys Vimard, coordinatore di Msf a bordo della Aquarius. «Oggi, con pochissime navi umanitarie rimaste in mare e nessun meccanismo dedicato di ricerca e soccorso messo in atto dagli Stati europei, l’assistenza umanitaria è necessaria più che mai. Il soccorso in mare di persone in difficoltà resta un obbligo legale e morale. Questo disprezzo per la vita umana è spaventoso».
E’ tornata nel Mediterraneo la nave di soccorso Aquarius, gestita in collaborazione da Sos Méditerranée e Medici Senza Frontiere (Msf). Continuerà a offrire assistenza alle persone che rischiano la vita nella traversata del mare.
In oltre due anni di ininterrotta attività di soccorso è la prima volta he la Aquarius resta in porto per oltre un mese (dal 29 giugno a mercoledì 1 agosto). Una sosta prolungata che è il risultato dei netti cambiamenti avvenuti nel contesto del Mediterraneo centrale, che hanno avuto serie ripercussioni sulle attività di soccorso.
Alla fine di giugno l’Organizzazione Marittima Internazionale (Imo) ha riconosciuto il nuovo Centro di Coordinamento Congiunto di Soccorso (Jrcc) libico. Sempre di più le responsabilità di coordinamento dei soccorsi sono state trasferite alla Guardia Costiera libica supportata dall’Unione europea, nonostante gli Stati Europei siano ben consapevoli dell’allarmante livello di violenza e sfruttamento che rifugiati, migranti e richiedenti asilo devono subire in Libia. Le contese politiche sui porti di sbarco hanno bloccato in mare per intere settimane navi che avevano effettuato dei soccorsi. Le organizzazioni umanitarie impegnate in attività di ricerca e soccorso sono state criminalizzate e bandite dai porti in Italia e Malta.
«Nonostante la situazione sempre più complessa nel Mediterraneo centrale, il nostro obiettivo resta lo stesso che ci ha spinto a scendere in mare: salvare vite, impedire – nel modo più rapido ed efficace possibile – che uomini, donne e bambini anneghino, e portarli in un porto sicuro, dove i loro bisogni primari siano assicurati e i loro diritti tutelati e garantiti» ha detto Claudia Lodesani, presidente di Msf in Italia.
Mentre era a Marsiglia la Aquarius è stata dotata di una nuova imbarcazione veloce di soccorso per garantire soccorsi più efficienti. Con l’aumentata probabilità che le persone soccorse in mare dovranno trascorrere più giorni a bordo prima di poter sbarcare in un porto sicuro, sono state imbarcate scorte supplementari di cibo e forniture mediche. Per la maggiore probabilità di morti in mare, è stato installato un container refrigerato sul ponte della nave per conservare i cadaveri.
Da parte loro le équipe di Msf e Sos Mediterranée a bordo della Aquarius ribadiscono che:
Aquarius continuerà a soccorrere persone in difficoltà in mare nel pieno rispetto del diritto marittimo.
Aquarius continuerà a coordinare la propria attività con tutte le autorità marittime competenti nel rispetto delle convenzioni internazionali marittime.
Aquarius rispetterà ordini di non-intervento solo se saranno dispiegate altre navi per assistere le persone in difficoltà e portarle in un porto sicuro. La Aquarius rispetterà un ordine di non-intervento solo se sarà chiaro che tutte le altre risorse e assetti disponibili saranno dispiegati per salvare le persone in pericolo e portarle in un porto sicuro. Soccorrere un’imbarcazione in difficoltà è un obbligo legale.
Aquarius non sbarcherà in Libia persone soccorse in mare. La Libia non è un posto sicuro per rifugiati, richiedenti asilo e migranti. Un posto sicuro è un luogo dove vengono assicurati i loro bisogni primari, ma anche dove possono chiedere la protezione a cui potrebbero avere diritto e dove non rischiano di subire ulteriori abusi e violazioni. Oggi la Libia non è riconosciuta come un porto sicuro.
Rifugiati, richiedenti asilo e migranti intercettati in mare non devono essere riportati in Libia. Per questo la Aquarius sarà costretta a rifiutare qualunque ordine da parte delle autorità marittime di sbarcare in Libia le persone soccorse in mare o di trasferirle su qualunque altra nave che le porterebbe in Libia.
Dall’inizio dell’anno, oltre 1.100 persone sono morte nel Mediterraneo centrale secondo dati ufficiali dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), quasi due terzi da inizio giugno, quando l’attività delle organizzazioni umanitarie è stata progressivamente ostacolata. Oltre 10mila persone sono state intercettate e riportate in Libia dalla Guardia Costiera libica quest’anno.
«Dopo le intercettazioni sempre più frequenti della Guardia Costiera libica, ora anche la nave italiana Asso 28 ha riportato in Libia 108 persone soccorse in mare, un precedente inaccettabile che potrebbe rappresentare una grave violazione della legislazione internazionale sul diritto d’asilo» conclude Lodesani. «La Libia non è un posto sicuro, nessuno deve essere riportato nel Paese».
È possibile seguire il diario di bordo al link onboard-aquarius.org