Il Bif&st si è concluso con l’anteprima assoluta di Prima che la notte, il film per la televisione diretto da Daniele Vicari, regista di Diaz, don’t clean up this bood e Sole cuore amore. La pellicola andrà in onda in prima visione su Rai Uno mercoledì 23 maggio, in prima serata, in occasione de La giornata della legalità.
E’ la storia di Pippo Fava (interpretato da Fabrizio Gifuni) che ripropone la grande tradizione del cinema italiano “di denuncia” sulla prima rete Rai. Il ricordo di un personaggio carismatico e complesso perché sempre controcorrente e indomito, che sposò la causa della ricerca e del racconto pubblico della verità fino alle sue estreme conseguenze. La storia straordinaria di un uomo che ha saputo costruire il futuro nonostante tutto.
Daniele Vicari ha scelto di raccontare solo l’ultima parte della vita di Fava, interpretato sullo schermo da Fabrizio Gifuni. Dopo aver conseguito importanti successi nel cinema, alla radio e in teatro, nel 1980 torna a Catania e fonda due giornali fatto tutto da giovani, compreso il figlio Claudio. Intorno a queste imprese crea una vera e propria scuola di giornalismo improntata più assoluta libertà d’opinione e si scontrerà con la mafia locale guidata da Nitto Santapaola. Tra le inchieste che porta avanti c’è la ferrea battaglia contro l’installazione di una base missilistica a Comiso e la sua presa di posizione a favore dell’arresto del boss Alfio Ferlito.
Era la sera del 5 gennaio 1984, quando alle ore 21, Pippo Fava e il collega Michele Gambino erano appena usciti dalla redazione de “I Siciliani”, dove poco prima si stavano occupando di una delicata inchiesta sul rapporto mafia-banche. Dopo aver salutato il collega, Fava si diresse verso la sua auto, doveva raggiungere il Teatro Verga di Palermo per prendere sua nipote Francesca. Il giornalista arrivò a destinazione, ma non riuscì nemmeno ad aprire lo sportello della sua Renault 5 che fu colpito alla nuca da cinque colpi di pistola calibro 7,65.
“In tutti i settori c’è gente che non si vende, e questo vale anche per i giornalisti che ancora oggi fanno fatica a svincolarsi da condizionamenti sempre più potenti e pervasivi. Ci sono ancora uomini che non si vendono, che non si piegano. Molti di loro sono sotto scorta e hanno sicuramente una vita difficile”, spiega Vicari. Basti pensare alla video inchiesta di Fabrizio Gatti che nel 2017 ha denunciato l’inerzia delle autorità di fronte alla tragedia di un barcone carico di profughi affondato nelle acque del Mediterraneo“. Il regista ricorda anche il coraggio di Stefano Chiarini, inviato del manifesto, unico dei giornalisti italiani rimasti a Baghdad, che trasmetteva sotto i raid dell’aviazione Usa e Nato, le sue corrispondenze.
Secondo l’ultimo Indice della Libertà di Stampa mondiale stilato da Reporters Without Borders l’Italia si piazza solo al 46esimo posto. I giornalisti nel nostro Paese continuano a essere minacciati dalla criminalità organizzata e, in più, subiscono intimidazioni da “politici come Beppe Grillo, del Movimento 5 stelle, che non ha esitato a rendere pubblica l’identità dei cronisti che lo infastidiscono.
“Il problema vero è che il nostro Paese è spesso colluso, ci sono zone d’ombra in cui si fa fatica ad entrare”, continua Vicari. “È per questo che la vicenda umana e professionale di Pippo Fava mi è parsa esemplare e commovente, in grado di disegnare una prospettiva e un futuro. Cose di cui oggi più che mai abbiamo bisogno”.