Natale senza Babbo, la nuova commedia di Stefano Cipani su Prime Video dal 28 novembre, parte da un’immagine semplice e sorprendente: Babbo Natale che crolla. L’uomo che incarna la solidità del Natale sparisce, travolto da una crisi personale, e lascia dietro di sé un vuoto operativo e simbolico che nessuno aveva mai immaginato di dover colmare. È da questa assenza che il film costruisce il suo racconto, spostando il centro del Natale da chi lo rappresenta a chi lo sostiene davvero: la moglie, Margaret, interpretata da una Luisa Ranieri che inquadra il personaggio con naturalezza e rigore.
Ranieri descrive Margaret come una donna abituata a reggere il peso della famiglia senza che questo venga riconosciuto. “I mestieri non hanno genere, le capacità non sono distribuite per sesso, e la distinzione tra lavori “da uomini” e “da donne” è una costruzione che fatica sempre di più a reggere”. L’attrice cita esempi quotidiani, uomini che cucinano meglio di molti chef professionisti e donne che guidano aziende con successo, come se volesse ricordare che la realtà è già molto più fluida delle categorie che continuiamo a usare.

Nel film, tutto questo prende forma nel momento in cui Margaret deve fare ciò che non rientra nelle sue responsabilità ufficiali, ma che diventa inevitabile quando il sistema si inceppa. Non è una sostituzione né un’emulazione: è la presa di coscienza di un ruolo che esisteva già, ma che non era mai stato mappato nel racconto tradizionale del Natale. Come accade spesso nella vita reale, le strutture si reggono su chi sa intervenire quando il ruolo principale si sfila.
Accanto a lei, Alessandro Gassmann affronta la crisi del suo Babbo Natale con un tono che usa l’ironia per aprire un varco più profondo. Una battuta del film – l’idea che forse sia arrivato il momento di una “Mamma Natale” – funziona come spunto per una riflessione più ampia sulla possibilità di riscrivere le tradizioni. Spiega l’attore: “Le cose stanno cambiando, e chi lavora dentro il mondo dell’immaginario ha la responsabilità di riconoscere questo movimento e accompagnarlo”.
Sul piano narrativo, il film sfrutta l’assenza di Babbo Natale per far emergere altre figure, spesso marginali nel racconto natalizio. La Befana e Santa Lucia non sono più comparse simboliche ma personaggi con aspirazioni proprie, convinti che l’occasione di mostrare il loro valore sia arrivata. Senza il protagonista maschile, il Natale diventa un ecosistema più complesso, dove i ruoli non sono più assegnati per tradizione ma per necessità, competenza e desiderio.
Il cast, che comprende anche Diego Abatantuono, Michela Andreozzi, Angela Finocchiaro e diversi giovani interpreti, sostiene la commedia con un equilibrio tra leggerezza e consapevolezza. L’atmosfera rimane quella di un film per famiglie, ma sotto la superficie scorre un ragionamento che ha più a che fare con la società che con la fiaba: cosa succede quando un simbolo si incrina? Chi si prende carico del lavoro invisibile? E quanto a lungo possiamo sostenere l’idea che certi compiti appartengano automaticamente a una sola figura?
Alla fine, Natale senza Babbo propone un’immagine diversa del Natale, meno centrata sull’eroe e più sulle relazioni che lo rendono possibile. È una storia che usa la festa per parlare di ruoli, responsabilità e cambiamenti culturali. Cipani non vuole demolire le tradizioni, ma guardarle da vicino per capire se rispecchiano ancora il mondo che abbiamo davanti. In questo senso, la scomparsa di Babbo Natale non è una minaccia: è una possibilità.














