Ci sono periodi, nella vita di un artista, in cui sembra che tutto accada insieme: dischi, riconoscimenti, e quella strana sensazione che qualcosa stia cambiando, senza che tu abbia davvero avuto il tempo di accorgertene. A Dario Brunori succede spesso. Parla piano, misurando le parole, come se volesse essere certo che ogni frase abbia un suo perché. «Mi capita di ripensare a quest’ultimo anno come a un contenitore pieno fino all’orlo», dice. «Musica, spostamenti, nuove avventure. E un po’ di vertigine, sì. Ma bella».
Ed è forse da quella vertigine che nasce TUTTOBRUNORI, lo spettacolo teatrale che porterà in scena a partire da ottobre 2026. Il titolo sembra un manifesto ma, conoscendolo, somiglia più a un sorriso storto, uno di quelli con cui smonta ogni enfasi. Eppure la promessa è chiara: canzoni, monologhi, aneddoti, riflessioni. Non un concerto, non una narrazione teatrale, ma una specie di attraversamento del suo mondo, che lui stesso definisce «un posto disordinato, ma pieno di storie».
Il teatro, per Brunori, è come tornare a casa dopo un viaggio in cui hai visto il mondo ma ti mancava il tuo divano. «È uno spazio in cui la fragilità si vede meglio», racconta. «E allora tanto vale portarla sul palco, tanto ce l’abbiamo tutti». Stavolta ci sarà la band di sempre, quella con cui ha costruito una parte importante del suo immaginario musicale. Insieme attraverseranno un autunno che toccherà buona parte dell’Italia: da La Spezia a Milano, da Torino a Firenze, fino a Palermo e Bari. «Un tour teatrale è diverso», riflette. «Non ti perdi nel rumore: senti persino quando la sala trattiene il fiato».
Mentre si prepara, tra un viaggio in Europa e le prove, nella sua voce si avverte un misto di entusiasmo e prudenza. È il modo in cui Brunori si avvicina alle cose nuove: con una mano avanti e l’altra pronta a frenare l’eccesso di aspettative. Un equilibrio che, negli anni, è diventato parte del suo fascino da cantautore “scapigliato ma affidabile”.
Chi vuole cominciare a entrare nel clima di questo nuovo percorso può intanto guardare Brunori Sas – Il tempo delle noci, il documentario di Giacomo Triglia già disponibile su RaiPlay e in onda su Rai 3 il 2 dicembre. Un racconto asciutto, quasi pudico, che segue Brunori nel suo quotidiano senza trasformarlo in un santino. «Mi fa strano rivedermi», confessa. «Però credo sia venuto fuori un ritratto sincero, un po’ come guardarsi allo specchio in un giorno in cui non hai voglia di truccarti».

Il documentario era stato presentato alla Festa del Cinema di Roma e restituisce con delicatezza quella combinazione di ironia e malinconia che lo accompagna da sempre. Perché Brunori, al netto della popolarità crescente, resta uno degli artisti italiani più legati al proprio lato umano, quello che parla delle cose semplici – l’amore, il tempo che passa, i rapporti che cambiano – senza pretendere di spiegare il mondo.
E forse anche per questo TUTTOBRUNORI non è lo spettacolo di un cantante che ripercorre la propria carriera, ma l’occasione per fare pace con le sue contraddizioni. «Ho scoperto che il pubblico intuisce sempre quando stai dicendo la verità», dice. «E allora tanto vale farla uscire così com’è: confusa, divertente, un po’ storta. Ma almeno autentica».
I biglietti arriveranno online dal 12 novembre. E, conoscendolo, potrebbe anche sorprendersi se andranno esauriti in fretta: lui tende sempre a immaginare che il successo sia un accidente, mai un’abitudine.
Nel frattempo continua a preparare, con quella calma nervosa che lo contraddistingue, un nuovo modo di stare sul palco. «Non è nostalgia», tiene a precisare. «È che ogni tanto ti viene voglia di rimettere ordine nel cassetto dove tieni la tua storia».
E in quel cassetto, questa volta, pare ci sia proprio tutto Brunori.

















