Nebraska è il sesto album in studio di Bruce Springsteen. Pubblicato nel 1982 è stato inserito nella posizione 150 della lista dei 500 migliori album stilato dalla rivista Rolling Stone.
A quel disco è dedicato il film Springsteen: Liberami dal Nulla, una sorta di biopic atipico, tratto dall’omonimo libro di Warren Zanes, che si concentra sulla realizzazione proprio di Nebraska, che il Boss incide con un registratore rudimentale a quattro piste nella camera da letto di una casa in affitto a Colts Neck, nel New Jersey.
Il titolo, usato anche da Warren Zanes per la biografia su cui il film è basato, prende in prestito il verso che chiude la canzone State Trooper: “Deliver me from nowhere”. È la supplica di un uomo che sta raggiungendo il successo, ma si sente perso e chiede di essere salvato dal vuoto che lo sta inghiottendo.
Nebraska, per la storia del Boss, è una tappa molto significativa che non solo diventa emblematico per la sua genesi ma anche per il modo in cui Springsteen sceglie di farlo vivere. Il Boss non desiderava realizzare un disco perfetto ma uno autentico, come simboleggia la cassetta senza custodia, che fu difficile trasformare in un album vero e proprio.
Come evidenziato da Wikipedia, “Dopo aver completato il lavoro sui demo, Springsteen portò la cassetta in studio per lavorare sulle versioni definitive delle canzoni con la E Street Band: Springsteen tuttavia, insoddisfatto degli arrangiamenti, in accordo con Landau, ritenne che alcune canzoni erano troppo personali e l’essenza folk cruda presente sulla audiocassetta non potesse essere duplicata o eguagliata nella versione risuonata con la band. Decise così di consegnare alla casa discografica il prodotto originale”. In pratica dopo aver registrato da solo, consegna solo la cassetta priva di custodia.
«All’epoca, i musicisti andavano in studio e registravano insieme. Bruce, invece, fece qualcosa di completamente fuori dagli schemi», sottolinea Cooper, «Incise con un Gibson Echoplex e un vecchio boombox che aveva preso acqua e rallentava lievemente il suono. Oggi tutti usano l’autotune, lui cercava di tenere l’imperfezione che gli studi provavano a cancellare.
Emblematica è la conversazione con il suo amico e manager Jon Landau: gli chiede che per quest’album non ci siano interviste, non venga organizzato alcun tour e non esistano singoli. Niente promozione, insomma. È musica fatta non per piacere, ma per restare vivi.
Eppure, paradossalmente, proprio da quell’onestà disarmata nasce il miracolo: Nebraska – che registra per sé stesso, senza pensare al pubblico – diventa uno dei suoi dischi più amati e raggiunge la terza posizione negli Stati Uniti e nel Regno Unito, vendendo oltre un milione di copie.
“E’ un ritratto di Bruce alle prese con traumi irrisolti di cui la maggior parte delle persone non è a conoscenza Non parla del ‘Boss’, dell’icona. Parla di Bruce: da solo, di fronte a un bivio, mentre guarda dentro di sé. Prima degli stadi giganteschi. Prima dei sintetizzatori. Prima di ‘Born in the U.S.A.’. Volevo spogliare Bruce della sua mitologia e trovare l’uomo di Colts Neck, New Jersey, con nient’altro che una chitarra e un registratore a quattro piste, che si poneva le stesse domande che tutti noi ci poniamo quando ci sentiamo persi. Per me, quella sincerità grezza è il luogo in cui vive la sua musica” spiega il regista Scott Cooper.
Ad interpretare The Boss è Jeremy Allen White, che potrebbe arrivare ad essere candidato all’Oscar per la sua interpretazione del musicista, mentre Jeremy Strong ha il ruolo di Jon Landau, storico manager e confidente di Springsteen; Paul Walter Hauser nei panni del tecnico di chitarre Mike Batlan; Odessa Young nel ruolo di Faye; Stephen Graham in quelli di Doug, padre di Springsteen; Gaby Hoffman in quello di Adele, madre di Springsteen e David Krumholtz in quelle di Al Teller, Columbia executive.
Tra le notizie che emergono dal pressbook l’immediato legame che si crea tra Cooper e Springsteen, che ben conosceva i lavori del regista: per lui l’esperienza è stata segnata da tragedie personali. “Probabilmente è il mio film più personale perché mio padre, che è morto il giorno prima dell’inizio delle riprese, è stato colui che mi ha fatto conoscere Bruce Springsteen e ‘Nebraska’”.
Mentre dirigeva l’elaborata sequenza del concerto di “Born to Run” verso la fine delle riprese, Cooper ha ricevuto la notizia che la sua casa era andata distrutta negli incendi che hanno devastato Los Angeles il 7 gennaio 2025. Appena ha saputo che la moglie e le figlie di Cooper stavano alloggiando in un hotel, Springsteen ha immediatamente aperto loro le porte della sua casa. “Quando sono tornato a Los Angeles dopo aver terminato le riprese, mi sono riunito alla mia famiglia nella casa di Bruce a Los Angeles. Ci ha accolti, ci ha dato il suo sostegno e ci ha aiutati a rimetterci in piedi”, racconta Cooper. “La chitarra di mia figlia Stella era andata distrutta nell’incendio. Cosa ha fatto Bruce? Le ha mandato una delle sue. Lui è fatto così: generoso, umile, profondamente umano. Averlo al mio fianco sul set ogni giorno e avere questo film come testimonianza permanente di quel legame mi ha cambiato la vita”, afferma Cooper.
Anche per White assumere i panni di un’icona non è stato un lavoro facile. L’attore ha incontrato per la prima volta l’uomo che avrebbe interpretato sul palco del Wembley Stadium. “Stava facendo un grande concerto, come al solito. Sono arrivato in anticipo e durante le prove lui stava cantando ‘Born to Run’, mi ha visto e mi ha trascinato sul palco”, ricorda White. “Quindi abbiamo trascorso i nostri primi 10 minuti insieme proprio al centro del palco”.
“Durante lo show, con lo stadio gremito, cercava di trovarmi e di stabilire un contatto visivo con me. Lo ha fatto un paio di volte, come se volesse verificare che fossi in grado di sostenerlo, di averne almeno un assaggio. Mi stava trasmettendo parte dell’energia di quelle migliaia e migliaia di fan e cercava semplicemente di dirmi: ‘Ecco, funziona così’”.
“Jeremy non ha cercato di imitarmi in alcun modo. Ha semplicemente interpretato la mia vita interiore. La macchina da presa ha catturato quelle complessità e questo è stato fondamentale per rendere il personaggio completamente credibile. È da lì che attinge la sua magia, e ha fatto un lavoro meraviglioso”, ha affermato Springsteen.
Il film, da oggi in tutte le sale, regala ai fan un emblematico e significativo momento di condivisione con le fatiche “dell’uomo” Bruce, in una fase che precede il successo planetario poi ottenuto e per molti versi in un contesto che molti potrebbero non conoscere, perchè particolare ed espressione di una storia tipicamente americana : “Nebraska è nato come una meditazione inconsapevole sulla mia infanzia e i suoi misteri» – ha scritto Springsteen nel suo libro di memorie del 2016, Born To Run – Cercavo una sensazione, un tono che mi ricordasse il mondo che avevo conosciuto e che ancora portavo dentro di me. Tutti gli artisti famosi prima o poi si trovano a dover scegliere tra registrare dischi e fare musica. Se sei fortunato, a volte le due cose coincidono“.