Alla XXIII edizione di Alice nella città, sezione autonoma e coraggiosa della Festa del Cinema di Roma, è approdato A Second Life, il nuovo film del regista Laurent Slama, presentato fuori concorso. Girato tra le strade di Parigi nei giorni frenetici che precedono le Olimpiadi del 2024, il film è un piccolo ritratto urbano sulla difficoltà di appartenere al mondo, ma anche un racconto tenero e inatteso di amicizia.
La protagonista è Elisabeth (una intensa Agathe Rousselle), americana ipoudente e precaria, costretta a inventarsi un lavoro come concierge di Airbnb pur di restare in Francia. Nella città che si prepara a mostrarsi perfetta davanti al mondo, incontra Elijah (Alex Lawther), un californiano introverso con lo sguardo sospeso tra malinconia e curiosità. Insieme attraversano Parigi durante la cerimonia d’apertura dei Giochi, come due comparse distratte in un film che non sembra più riguardarli.
“Volevo raccontare la difficoltà di integrarsi – spiega Slama – ma anche un’altra forma d’amore, quella tra amici. Meno visibile al cinema, ma a volte più profonda dell’amore romantico.”
Il film, girato tra la folla con un’impronta documentaristica, alterna rumori metropolitani, suoni distorti e silenzi interrotti. È lo sguardo – o meglio, l’ascolto – di Elisabeth a guidare lo spettatore: una soggettiva fragile, che filtra il mondo come un impressionista. Non a caso, Slama inserisce nella narrazione immagini di Monet, evocando la cecità del pittore per creare un parallelo con la sordità della sua protagonista. Entrambi percepiscono la realtà in modo imperfetto, ma forse più vero.

“Mi ha ispirato Il lupo della steppa di Hesse – racconta il regista – un romanzo su un uomo che non riesce a trovare il proprio posto. Ho iniziato a scrivere la sceneggiatura dopo aver incontrato Agathe: tutto è nato intorno a lei.”
L’eco della Nouvelle Vague attraversa A Second Life come un fantasma affettuoso: due corpi che vagano per la città, cinepresa a mano, la leggerezza di un film rubato alla vita. “Godard e Truffaut mi hanno insegnato la libertà – dice Slama – ma oggi, grazie al digitale, possiamo davvero realizzare ciò che loro sognavano: girare in città con mezzi minimi, tra la gente, con la vita che entra nell’inquadratura.”
Nel loro vagabondare senza meta, Elisabeth ed Elijah non cercano la rivoluzione dei ragazzi degli anni Sessanta, ma un senso possibile nell’epoca della precarietà e della solitudine. La loro affinità è un gesto di resistenza: un amore che non travolge, ma accompagna; che non salva, ma ascolta.
“L’amore amicale non è meno importante di quello romantico – riflette Slama – perché comprende, aiuta, accoglie. È un sentimento che il cinema racconta poco, e invece parla a molti.”
“A Second Life” uscirà in Francia il 15 aprile 2026, per poi arrivare in Germania, Austria e Svizzera. Slama spera anche in una distribuzione italiana: “Vorrei che il film uscisse in sala. Il suono – con le sue imperfezioni, le sue assenze – è parte dell’esperienza. Sullo schermo di casa, quell’ascolto andrebbe perduto.”
Un film lieve e acuto, come un sussurro dentro la folla olimpica: dove il rumore del mondo, a tratti, diventa finalmente silenzio.