Il 1° ottobre si celebra la Giornata internazionale del caffè. Non che servisse una ricorrenza per ricordarcelo: in Italia si bevono 95 milioni di tazzine al giorno. Ma questa volta la data non è solo un pretesto per fare un brindisi di moka: è un invito a guardare dentro la tazzina e chiedersi da dove arriva, chi lo coltiva, quanto costa davvero. Perché dietro l’aroma c’è un intero mondo fatto di economie fragili, disuguaglianze e, sì, anche di nuove tendenze che portano il caffè oltre l’espresso al bancone.
Istituita a Milano nel 2015, durante l’Expo, per iniziativa dell’International Coffee Organization, la giornata nasce proprio con un obiettivo politico: accendere i riflettori sulla filiera globale. Milioni di coltivatori in Africa, Asia e Sud America vivono ancora al limite della sopravvivenza. Il paradosso? Il caffè è la seconda bevanda più consumata al mondo dopo l’acqua. Eppure chi lo produce spesso non riesce nemmeno a pagarsi la tazzina.
Dall’espresso agli specialty
Se i numeri crescono (nel 2030 nel mondo si passerà da 3,1 a 3,8 miliardi di tazze al giorno), cresce anche la curiosità dei consumatori. Non basta più l’espresso veloce: i giovani cercano specialty coffee, metodi di estrazione alternativi, aromi che raccontano viaggi. E così il caffè diventa racconto culturale, linguaggio creativo, materia da sperimentare.
In cucina: il ricordo diventa piatto
Roma, via dell’Umiltà. All’Hotel Je Rome lo chef Danilo Mancini gioca con la memoria. Nel suo piatto Terra e mare d’autunno i fondi del caffè – quelli che di solito finiscono nel bidone – diventano salsa. Profumo umido di sottobosco, note di cacao e nocciole, zucca e cozze che si intrecciano, un tocco di tartufo a rievocare le passeggiate nei boschi d’infanzia. È un’illusione gastronomica che profuma di infanzia e di caminetti accesi, con un messaggio chiaro: niente sprechi, il caffè è anche memoria.
Nei cocktail: viaggi in un sorso
Sempre a Roma, ma in terrazza, al Masa Rooftop del The Major Hotel, il bar manager Alessio Di Stefano ha inventato il Kokkos Kafe: tè eritreo alcolico, vodka speziata, agave fermentato, caffè etiope e un liquore messicano che richiama Oaxaca. Il risultato? Un sorso che sa di viaggi e radici familiari, dove acidità e dolcezza ballano insieme.
Più a sud, a Maiori, la Costiera che sembra disegnata da un pittore romantico, il rooftop dell’Hotel Club Due Torri ospita il Cinquanta con Vista, quartier generale del team di Cinquanta Spirito Italiano. Qui il caffè diventa protagonista in due modi: il RUTa RATa, highball leggero con cold brew, rum e ratafia, perfetto per chi pensa che il caffè non possa essere fresco. Il Coffee Toffee, più scuro, denso e vellutato, con base di americano, caramello di caffè e un finale che ricorda le caramelle mou. Cocktail da meditazione, servito in coppetta ghiacciata con un twist di limone: Campania pura in forma liquida.
L’altra faccia della tazzina
Insomma, il caffè non è più solo un gesto automatico al bancone. È un ingrediente che conquista i piatti degli chef, i bicchieri dei bartender, le narrazioni dei consumatori. Ma dietro ogni esperimento creativo rimane la domanda più urgente: come rendere equa e sostenibile la vita di chi quel chicco lo coltiva?