C’è un filo che lega Vinicio Capossela al Natale, ma non è fatto di lucine e fiocchi di neve: è un filo spesso, ruvido, intrecciato di malinconia, festa e memoria. Con Sciusten feste n.1965, il suo nuovo disco, il cantautore celebra la festa non solo come momento di gioia, ma come rito che sfida il tempo, carico di euforia e malinconia, un rifugio umano nell’incessante scorrere dei giorni.
Mercoledì 18 dicembre, all’Atlantico di Roma, Capossela darà vita a una di quelle celebrazioni che non si dimenticano, con il tour Conciati per le feste. Una festa nomade che attraversa Italia ed Europa, portando con sé non solo musica, ma l’eco di tradizioni antiche, risate, brindisi e riflessioni profonde.
In un’epoca in cui tutto sembra correre verso l’oblio, Capossela si ferma, osserva e canta. “La festa”, dice, “è un bene da difendere”. E lo fa a modo suo, con un disco che mescola inni natalizi rivisitati, brani originali e pezzi che sembrano spuntare da un vecchio jukebox di una taverna americana. C’è la nostalgia, ma mai sterile: piuttosto una gratitudine verso la memoria, verso ciò che ci ha reso ciò che siamo.
Il titolo stesso dell’album, Sciusten feste n.1965, richiama le radici dell’artista. È un omaggio al ricordo di suo padre e alle caotiche feste di luna park di Hannover, dove musica, bevute e folla si fondevano in un rito collettivo. Un’energia che ritroviamo nei brani, soprattutto nell’omonima traccia: una fiaba circense che corre tra fiati e ritornelli in un vortice linguistico di italiano e tedesco.
Capossela apre il suo album con una versione italiana di Abide with me, un inno cristiano che diventa “Sopporta con me”, quasi una richiesta collettiva: restiamo uniti, affrontiamo insieme ciò che il tempo ci porta. E questa richiesta risuona in tutto il disco, dove si passa dal rock graffiante di Bianco Natale al folle swing di Campanelle (una Jingle Bells in salsa italo-americana), fino al cupo umorismo di Santa Claus is coming to town, dove Babbo Natale si trasforma in un corriere di Amazon sopraffatto dalle aspettative.
In Conciati per le feste, Capossela non si limita a cantare. Crea un universo dove ogni canzone è una porta su un diverso frammento della festa: il circo nostalgico di Agita, la versione spassosa del brano di Nick Apollo Forte, o il pathos struggente di Charlie, adattamento di Christmas card from a hooker in Minneapolis di Tom Waits, dove la neve americana lascia il posto alla nebbia emiliana. È l’Emilia, infatti, il cuore pulsante dell’immaginario caposseliano, che fa sentire ogni brano come un brindisi in un’osteria o una confidenza sussurrata in una notte gelida.
È una festa che si muove di città in città, passando da club e piazze, dove la musica si intreccia alle acrobazie di Nadia Addis, artista circense, e alle stramberie magiche del mago punk Christopher Wonder, complice di Capossela nelle sue celebrazioni più stravaganti.
Il tour toccherà non solo Roma, ma anche Salerno, Torino, Mantova e altre città italiane, fino a spingersi oltreconfine, con tappe in Svizzera e Germania. Ogni concerto promette di essere unico, con un pubblico che non sarà mai solo spettatore, ma parte di quel rito collettivo che Capossela costruisce con la musica, i racconti e la sua irresistibile teatralità.
La storia di questa festa perenne è raccontata anche nel film-documentario Natale fuori orario, diretto da Gianfranco Firriolo e presentato alla Festa del Cinema di Roma. È un viaggio nel tempo e nello spazio dei concerti al Fuori Orario di Taneto di Gattatico, dove tutto è iniziato. Lì, tra amici e brindisi, Capossela ha dato forma alla sua idea di festa, un luogo dove il sacro e il profano si mescolano in un abbraccio.