Achille Lauro al Palazzo dello Sport di Roma il 7 ottobre 2024, non si è limitato a celebrare dieci anni di carriera: ha costruito un vero e proprio teatro dell’assurdo, in cui passato, presente e futuro si sono intrecciati in un labirinto di immagini, suoni e riferimenti culturali.
Lauro con la sua estetica a metà tra il glam rock e il barocco romano, è apparso sul palco come un Caravaggio contemporaneo: luci e ombre, sensualità e dramma. “Roma, finalmente a casa”! ha gridato, con la voce di chi riconosce l’importanza di un ritorno simbolico più che fisico. Il Palazzo dello Sport è diventato un’arena dove Lauro, nuovo gladiatore pop, affrontava i suoi demoni e le sue icone.
Lo show, intitolato Ragazzi Madre – L’Iliade, ha messo in scena un vasto repertorio tra brani che hanno segnato la carriera di Lauro e quelli che preannunciano la sua nuova direzione artistica. Sul palco, accompagnato dal fedele Boss Doms e da una band dal vivo, il cantautore ha giocato con simboli e immagini come un maestro di visioni. Lingue di fuoco si alzavano dal palco, le luci disegnavano scenari da sogno e proiezioni monumentali, trasformando il palazzetto in un set cinematografico.
Dal rock abrasivo di Rolls Royce alle dolci ballate come C’est la vie, ogni pezzo ha svelato un aspetto diverso della sua identità, in un gioco continuo di maschere e travestimenti. Da un lato, il ribelle che infiamma il pubblico con energia e carisma; dall’altro, il cantautore che si rifugia in ballate nostalgiche, lontane dal clamore delle luci e delle fiamme. In Thoiry, si è presentato come un re della strada, mentre in Cenerentola ha evocato un’atmosfera fiabesca ma oscura, mostrando ancora una volta la sua capacità di spingersi oltre i confini del pop tradizionale.
Eppure, oltre lo spettacolo e l’eccesso, c’è stato spazio anche per momenti più diretti e sinceri. In Amore disperato, il suo ultimo singolo, Lauro ha quasi mormorato i versi al pubblico, in un’esibizione che sembrava più una confessione che una performance. C’era qualcosa di intimo, di potente, come se il cantante volesse spezzare quella quarta parete che spesso separa la star dal suo pubblico.
Verso la metà dello show, Lauro ha improvvisamente tolto gli auricolari per cantare direttamente con il pubblico, rinunciando alla protezione del palco. “Voglio sentirvi, non mi importa di come suona”, ha detto, dimostrando che, al di là degli effetti speciali, l’artista rimane un narratore che vuole il contatto diretto, autentico, con la sua gente
Dietro tutto questo, però, c’è la costruzione di un personaggio. Achille Lauro è consapevole dell’importanza del glamour come scudo, come mezzo per incantare e proteggere. Crea incantesimi, proietta miraggi, racconta storie con una teatralità che è al tempo stesso reale e immaginifica. Forse qualcuno dirà che è artificiale, ma Lauro non cerca l’autenticità nel senso tradizionale: la sua verità è l’artificio.
Il pubblico ha lasciato il Palazzo dello Sport con il ritornello di Bam Bam Twist ancora rimbombante nelle orecchie, ma è stato soprattutto l’impatto visivo ed emotivo a rimanere impresso. Come una serata in cui il caos e le luci lasciano tracce ovunque, Lauro ha costruito uno spettacolo che si insinua sotto pelle, con quell’energia che continua a vibrare anche quando tutto è finito.