I Dannati, di Roberto Minervini, è in concorso nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes e arriva in sala dal 16 maggio distribuito da Lucky Red. Nato e cresciuto in Italia, ma da anni residente negli Stati Uniti, il regista già si era imposto all’attenzione del pubblico e della critica, a partire proprio dalla Croisette con Ferma il tuo cuore in affanno, dove debuttò fuori concorso nel 2013 raccontando un’America rurale lontana dagli stereotipi e il sud americano in tutte le sue contraddizioni.
Questa volta ci porta al tempo della Guerra di Secessione. Sono gli anni della grande divisione tra Nord e Sud e precisamente siamo nell’inverno del 1862. L’esercito degli Stati Uniti ha inviato ad ovest una compagnia di volontari con il compito di perlustrare e presidiare le terre inesplorate. La missione travolge un pugno di uomini in armi, svelando loro il senso ultimo del proprio viaggio verso la frontiera.
Dopo molti documentari di creazione, Minervini per la prima volta si cimenta in un film di finzione, storico, in costume, senza sacrificare il realismo, l’immediatezza e l’intimità. Il risultato? Non è entusiasmante. Colpiscono senza dubbio l’ambientazione, il rapporto tra l’uomo e la natura, le corse dei cavalli e i colpi di pistola, le barbe incolte e i respiri affannosi, il tutto reso pienamente dalla bella fotografia di Carlos Alfonso Corral con lenti vintage, antiche e molti grandangoli. Di contro però i ben pochi dialoghi, scritti dallo stesso Minervini, autore sia del soggetto che della sceneggiatura, non reggono.
E questo filosofeggiare ad alta quota tra discorsi su Dio ed esistenziali (“Diventi adulto quando perdoni te stesso e gli altri”) conditi da massime più o meno note (“Chi di spada ferisce, di spada perisce”) alla lunga finisce per stancare e per distaccare lo spettatore ulteriormente da questa storia.
Lontana l’empatia verso i personaggi (i volontari dell’esercito degli Stati Uniti inviati a pattugliare le regioni inesplorate dell’Ovest americano), lontana l’azione e di conseguenza anche la suspense, rimane la riflessione sulla guerra e sul sacrificio di questi soldati, isolati tra le montagne e la neve del Montana, mercenari reclutati che non comprendono pienamente la causa che stanno difendendo. In tempi così bui poteva essere un buon punto di partenza per meditare anche su quanto sta accadendo ora nel mondo.
Ma le osservazioni dei volontari non bastano e rendono questa coproduzione Italia, Usa, Belgio un war movie intimista un po’ troppo intimo, che alla fine rimane circoscritto. Come dire, andrà anche a Cannes, ma non valica la frontiera.