Challengers nelle sale dal 24 aprile con Warner Bros, diretto da Luca Guadagnino presenta Zendaya nel ruolo di Tashi Duncan, un’ex tennista diventata allenatrice, determinata e senza mezze misure, sia dentro che fuori dal campo.
Sposata un tennista in declino, la strategia di Tashi per riscattare suo marito prende una svolta inaspettata quando lui deve affrontare sul campo il suo ex migliore amico, Patrick, altro tennista caduto in disgrazia, che fatica persino a qualificarsi ai tornei minori. I Challengers appunto.
Ma “to challenge” in inglese significa anche “sfidare” ed è il gioco a tratti perverso che i tre protagonisti compiono, soprattutto fuori dal campo e loro malgrado, quasi costantemente l’uno nei confronti degli altri a far evolvere l’intrigo.
Complice la sceneggiatura di Justin Kuritzkes che si sviluppa attraverso una narrazione non lineare che vede al centro un complicato triangolo amoroso nel mondo del tennis. Zendaya, che è anche produttrice del film, recita accanto a Josh O’Connor e Mike Faist.
Recita però è un parolone, diciamo che si limita ad un paio di espressioni da film adolescenziale, Guadagnino forse avrebbe dovuto e potuto tirare fuori di più dal talento della ragazza, ma forse non è molto politically correct cazziare il produttore sul set. E tant’è.
La sceneggiatura di Kuritzkes è nata dall’ispirazione di una partita controversa tra Serena Williams e Naomi Osaka, e dalla scoperta dei Challengers, i tornei di livello più basso nel tennis professionistico. I sentimenti qui giocano un ruolo centrale, guidando i personaggi nella loro ricerca di desideri e necessità, ma anche spingendoli in territori sconosciuti e incerti dove Tashi Duncan incarna questa lotta interna, mostrando una determinazione feroce nel perseguire i suoi obiettivi, ma anche una vulnerabilità profonda nel suo personale percorso alla ricerca di sè.
Zendaya porta sullo schermo una Tashi complessa sfidando le aspettative di chi ormai la vedeva relegata a fenomeno della generazione Z. L’attrice, già acclamata per le sue performance in produzioni come “Euphoria” e “Dune – Parte 2″, si è trovata ad interpretare il ruolo di una donna potente che ha in mente solo un obiettivo: la vittoria, sfidando il tradizionale stereotipo della forza al cinema, storicamente associato al mondo maschile. Ma, come detto, non ne esce bene.
Josh O’Connor e Mike Faist interpretano rispettivamente Patrick e Art, due uomini che si trovano intrappolati in un triangolo amoroso con Tashi. E’ lei a muovere le fila di questo gioco amoroso e si rivale più intelligente dei contendenti al suo amore. O’Connor infonde il personaggio di Patrick con una miscela di umorismo e disillusione, mentre Faist offre una fratellanza angosciata e una fragilità palpabile nel ruolo di Art.
Il contesto del tennis diventa lo sfondo ideale per esplorare le complesse dinamiche delle relazioni umane, permettendo a Guadagnino di rendere il film feroce e onesto. Ogni colpo di racchetta diventa una metafora delle passioni e delle tensioni che dominano le vite dei personaggi: le emozioni si intensificano, mentre le scelte compiute sul campo da gioco riflettono sulle decisioni prese nella vita.
Scelte che hanno conseguenze che si estendono nel tempo, e che lasciano i protagonisti di fronte al proprio destino. Ma, come sempre capita a Guadagnino e ai suoi film, qualcosa resta sempre sospeso e si esce dalla sala con quel non so che di irrisolto e volatile che a tratti pesa come un macigno e a tratti si smaterializza come pulviscolo al vento.
L’anteprima romana del film si è tenuta l;8 aprile a Roma e ha visto sfilare sul red carpet tutti e tre i protagonisti.