Madrina d’eccezione Angela Molina, icona del cinema spagnolo ed europeo, ha ricevuto il Premio alla Carriera al Med Film Festival. Un riconoscimento a quarantacinque anni di carriera cinematografica conferito all’icona della transicion espagnola e a una delle attrici più intense e versatili del cinema europeo. In occasione della premiazione Angela Molina ha scelto di proiettare il film Gli Occhi, La Bocca di Marco Bellocchio. Un film del 1982 nel quale si racconta la storia di Giovanni (Lou Castel), un uomo ritornato a Bologna dalla sua famiglia per il funerale del suo gemello Pippo, suicida per amore. Conosce la fidanzata del defunto, Wanda, interpretata da Angela Molina, e se ne innamora.
“Bellocchio era venuto a Madrid a trovarmi, io ero incinta di otto mesi- racconta Angela Molina-. Lui non lo sapeva. Due settimane dopo ho avuto Matteo e sono partita per Bologna per fare il film. Al mattino preparavo i biberon. È stato bellissimo lavorare con Marco Bellocchio lui è un regista che ti porta in fondo nelle situazioni. C’è sempre un mistero intorno al mondo psichico che lui crea. Gli piace indagare nella psicologia dei personaggi e poi dopo ti lascia la libertà di esprimerti. È davvero unico. È leggero, ma allo stesso tempo è molto profondo”.
Non è il solo italiano con cui ha lavorato in tanti anni di carriera. Nella lunga lista ci sono i fratelli Taviani, ma anche Tornatore. E poi ancora: Luigi Comencini, Elio Petri, Lina Wertmuller, Francesca Archibugi e Liliana Cavani nel suo ultimo film L’ordine del tempo (2023). “Lavorare con la Cavani è stato un privilegio e una grande fortuna. Ero in ammirazione totale. È incredibile la sua vitalità, la sua generosità e la fiducia che ha nell’altro. É anche una molto esigente. La ammiro molto fin dai suoi primi film per la sua generosità. Sembra che ha ancora vent’anni. È straordinaria”.
Conosciuta a livello internazionale soprattutto grazie all’ultimo film di Luis Bunuel ovvero Quell’oscuro oggetto di desiderio.
“Un genio, di una dolcezza e di un divertimento indimenticabili. Era molto misterioso. Per me è stato parte della mia famiglia. Avevo perso mio nonno pochi anni prima di conoscerlo e quando lo andai a trovare avevo ventidue anni. Mi ricordo questi film con lui che ero sempre felice”.
Ha sempre voluto fare l’attrice?
“Non ho avuto il tempo di pensarci – risponde – vengo da una famiglia molto numerosa con otto fratelli e sorelle. Da piccolina mi chiudevo nella mia camera con le letture dei classici, abitavo mondi strani e diversi, lontani da quello che era la mia vita. Immaginavo e sognavo e poi è arrivata la prima filmoteca vicino casa. Quando andavo a scuola ogni tanto mi fermavo lì e mi vedevo un film, di qualunque autore, Rossellini, Bergman e così via. Mi sentivo sempre con la necessità di immaginare un altro mondo segreto”.
C’è un’interpretazione che le è rimasta più nel cuore?
“Tutte le interpretazioni sono parte di me. Anche quelle che mi hanno dato problemi. C’è un film spagnolo, una commedia musicale del 1989, si intitola Las cosas del querer. È su un gruppo di artisti che hanno fame. Una commedia musicale piena di canzoni. Mi ricorda la mia infanzia, i camerini e i teatri”.
Tanti linguaggi: cinema, teatro, televisione. Quale il più vicino al suo spirito?
“Ognuno è diverso. Il teatro ha le persone e è la cosa più grande al mondo. Ma il cinema fa sognare. Nelle serie c’è un’altra velocità. Ti devi adattare. Diciamo che la mia madre è il cinema. Dopo 150 film o anche di più. Ricordo quando lavoravo con Marcello Mastroianni e Michel Piccoli, facevamo un film in Svezia, in un parco immenso e loro ridevano e mi dicevano che avevano fatto tantissimi film. Io non ci credevo, invece era vero. E ora anche io posso dire lo stesso”.
Attualmente sta lavorando a un nuovo progetto con le musiche di Maria Callas, un’altra strana coincidenza visto che quest’anno sul bel manifesto del Med Film Festival, realizzato da Gianluca Abbate, c’è proprio l’immagine di Maria Callas.