“Non c’è niente di sbagliato in questo, nemmeno una parola”, sentenziava David Mitchell in “Foster”, il racconto di Claire Keegan ambientato nell’Irlanda rurale nel 1981. Lo stesso vale per l’adattamento cinematografico, The Quiet Girl, al cinema dal 16 febbraio. Il debutto del regista Colm Bairéad è denso di significato, lirismo e vita. Le immagini cantano ma respirano anche.
Cáit (Catherine Clinch) è la protagonista taciturna del titolo, spedita a vivere a casa di parenti lontani mentre sua madre dà alla luce un sesto figlio. Suo padre, perennemente accigliato (Michael Patric), la scarica senza un saluto da una coppia di mezza età e sfreccia via con la sua valigia ancora nel bagagliaio, lasciando alla bambina solo i vestiti che indossa.
Eibhlín (Carrie Crowley) sembra abbastanza accogliente anche se la fermezza con cui mette a tacere la bambina quando si lamenta che l’acqua del bagno è troppo calda, suggerisce che non intende tollerare alcun dissenso. Suo marito, Seán (Andrew Bennett), impiega invece un po’ di tempo a lasciarsi andare alla presenza della bambina. La performance di Crowley trasuda calore e affetto in ogni suo momento, il lavoro di Bennett mette in scena un uomo che fa i conti con un vecchio dolore e la prospettiva di ritrovare un po’ di felicità.
Il silenzio scorre per gran parte del film. Sono i momenti in cui i protagonisti cercano di stabilire un contatto a costruire lentamente la trama: le gite al pozzo, la preparazione del cibo in cucina e Eibhlín che spazzola i capelli della ragazza. È così che impariamo ad amare e sapere che siamo amati. The Quiet Girl, girato nel formato 4:3, riproduce una tela intima in cui l’immagine traccia l’esistenza strappata di Cáit mentre viene rimodellata dalla gentilezza dei tutori (“Tutto ciò di cui avevi bisogno era un po’ di attenzione, ” dice Eibhlín) e dalle peculiarità dell’età adulta.
The Quiet Girl, candidato come Miglior Film Internazionale – Shortlist Oscar 2023, è un film adorabile e straziante sulla solitudine e su come semplici gesti possono iniziare a creare crepe nei gusci della disperazione e del dolore.