Sul confine violento tra Brasile e Paraguay è in corso una battaglia tra agrobusiness e sovranità delle terre indigene. The Wind Blows the Border diretto da una coppia di giovani autrici, Laura Faerman e Marina Weis, è il titolo che apre la sezione dei documentari in concorso al Rome Independent Film Festival – XXI° edizione. Le registe documentano lo scontro tra l’avvocato Luana Ruiz, erede della terra contesa e convinta sostenitrice di Jair Bolsonaro, e Alenir Xmendes, leader, insegnante e attivista Guarani-Kaiowá. Negli anni ’60 e ’70, il gruppo indigeno Guarani Kaiowá fu espulso dalle sue terre ancestrali nello stato del Mato Grosso do Sul dalla dittatura militare brasiliana per espandere la frontiera agricola del paese.
La disputa sulla terra e la situazione di stallo tra gli allevatori e i Guarani Kaiowá è sfociata ripetutamente in violenze nel corso degli anni fino ad oggi. Il film documenta le vessazioni quotidiane che gli indigeni subiscono pur di non arrendersi ad allevatori e agricoltori che occupano abusivamente terre di proprietà degli indigeni, secondo la costituzione brasiliana. E questo con la complicità di una forte coalizione tra proprietari terrieri, politici conservatori, banche, industria e società transnazionali.
La popolazione Guarani vive nella costante paura di essere allontanata dalla propria terra, di essere intossicata dall’acqua, dall’aria e dal suolo contaminati dai prodotti agrochimica, di essere uccisi. Mentre la canna da zucchero, la soia e il bestiame si impossessano del paesaggio nel sud-ovest del Mato Grosso do Sul, i Guarani non riescono ad assicurarsi il minimo per vivere. Non hanno accesso all’acqua potabile e non sono messi in condizioni adeguate per piantare, cacciare o pescare. Tale situazione è esasperata dai continui stupri alle donne, dai numerosi attentati contro chi prova a reagire e dall’impunità di chi fa loro violenza.
Le registe filmano gli indiani Guarani mentre impediscono ad un contadino di superare il posto di blocco che hanno costruito dopo aver occupato una fattoria aperta sulla terra ancestrale che chiamano Tekoha Yvy Katu. Ascoltiamo la storia di una leader indigena, che spinta ai margini di una strada, cacciata dalla sua terra indigena, piange la morte del marito e del figlio, vittime dei conflitti per la terra. Altre donne raccontano che i bambini in particolare soffrono di mal di testa, problemi di stomaco e altri malesseri come conseguenza della contaminazione dell’acqua.
Un documentario che con potenza visiva ci rivela che in nome dello sviluppo globale, del progresso e della sostenibilità, è in atto il genocidio silenzioso di uno dei più grandi gruppi etnici del Brasile.