Nel profondo della vita quotidiana e dei vincoli che ogni giorno condizionano la nostra vita, ci sono cadute e successi. Monica, presentato a Venezia 79, del regista Andrea Pallaoro, racconta la routine di una donna che rientra in famiglia dopo anni di allontanamento volontario, Quando la matriarca della famiglia, Eugenia (Patricia Clarkson), si ammala, lascia a Monica (Trace Lysette) il compito di raccogliere i frammenti di quella vita che aveva deciso di lasciarsi alle spalle.
Trace Lysette interpreta un ruolo da film classico e lo fa suo in un dramma tranquillo, riflessivo. L’esperienza vissuta di Lysette come donna trans, che rispecchia quella del suo personaggio, dà vita ad una performance potente e interiorizzata che sprigiona una scintilla tra dolore, riluttanza e resilienza infinita. Puoi sentire il dolore di Monica, sentire il suo passato.
Nonostante quel desiderio di coprire le tracce di una donna che decide dopo tanti anni di tornare nel seno spinosa della propria famiglia, Monica impiega molto tempo per fare i conti con il perché e il come. Si muove a passo d’uomo. Pallaoro, un italiano che vive e lavora in California, è noto per i film che evitano i dialoghi e si prendono il loro tempo, come Hanna e il suo predecessore, 2013 Medeas .
I drammi dell’anima e gli intimi legami familiari tengono insieme il filo di una trama che non sempre riesce ad andare dritto al punto. Sono impliciti, vaghi, e sono messi da parte da scelte tecniche difficili da giustificare. La telecamera incrollabile e immobile funziona in alcuni punti, ma non come stile registico. Se Hannah aveva una magistrale Charlotte Rampling che sembrava inventare nuovi modi per incarnare l’infelicità davanti ai nostri occhi, e Medeas era intriso di un suggestivo orrore al rallentatore, Monica diventa un esercizio di formalismo cinematografico che mentre al centro la storia di una trans che cerca di sottrarsi all’alienazione di chi è costantemente in bilico tra scelte etiche, per gli altri, e giuste per se stesse.
C’è qualcosa nella presenza sullo schermo di Lysette che urla la vita in mezzo all’ossificazione che accade intorno a lei, e lo fa in una scena scena in cui la protagonista balla al ritmo di una sdolcinata canzone pop italiana. Non dobbiamo dimenticare che la vita per Monica non è solo pericolosa dal punto di vista personale, ma anche fisicamente rischiosa.